Ha plasmato la civiltà umana, facendola progredire. Ci dà conforto contro le tenebre, ci permette di leggere e di istruirci. Grazie a lei sappiamo che la nostra galassia è solo una tra miliardi in un immenso universo.
Dimenticarci dell’importanza della luce è normale, perché l’abbiamo intorno in ogni momento e ci affidiamo a lei per qualsiasi nostra attività. Ma se vi fermate un attimo a riflettere sorge spontanea una domanda la cui risposta non è così banale: che cos’è la luce?
Ci sono stati numerosi filosofi e scienziati che hanno cercato una risposta, a partire dal filosofo cinese Mozì e passando per Albert Einstein che usò proprio la velocità della luce come limite per la sua famosa equazione.
Ho diviso l’articolo in tre parti per raggruppare gli argomenti.
Vediamo innanzitutto cos’è la luce dal punto di vista della fisica: come si forma, le sue proprietà, i suoi limiti. Nella seconda parte mostrerò l’importanza della luce per farci capire la composizione chimica dell’universo. Infine, in fondo troverete un breve excursus sulla storia che ci ha permesso di allargare i nostri orizzonti visivi.
Le proprietà uniche della luce
Il fotone, la particella che compone la luce
Le particelle che compongono la luce si chiamano «fotoni». Il fotone è una particella priva di massa, indivisibile, che ha delle proprietà uniche. Come ogni oggetto quantistico possiede le proprietà sia di una particella sia di un’onda.
[In questo articolo non serve entrare nel dettaglio, ma chi fosse interessato può leggere l’articolo sulla meccanica quantistica spiegata in parole semplici]
Ci sono diversi modi in cui un fotone può essere prodotto:
– quando una particella incontra una sua antiparticella: i due oggetti si annichiliscono e vengono prodotti due fotoni.
– attraverso il fenomeno chiamato «radiazione di frenamento», che si verifica quando una particella carica (in genere un elettrone) viene rallentata perché deviata da un’altra particella carica (il nucleo atomico: è il suo campo elettrico a deviare l’elettrone). In questo caso viene prodotto un solo fotone.
Lo spettro visibile: perché vediamo?
La luce visibile è un’onda elettromagnetica.
Un’onda elettromagnetica si crea quando i campi elettrici e magnetici oscillano. A seconda dell’energia presente, si hanno lunghezze d’onda diversi: più l’energia è alta, più la lunghezza d’onda è breve. È la lunghezza d’onda a determinare la forma che assume la radiazione magnetica: nell’ordine abbiamo raggi gamma, raggi X, raggi ultravioletti, luce visibile, raggi infrarossi, microonde e onde radio.
La luce visibile è appunto un’onda elettromagnetica, che ha una lunghezza d’onda che va all’incirca dai 390 ai 700 nanometri, ovvero dal rosso al violetto. I colori che vediamo ricadono tutti all’interno di questa lunghezza d’onda.
Come possiamo separare i colori della luce? Perché i colori hanno temperature diverse?
Se prendiamo un fascio di luce e facciamo in modo che colpisca un prisma con una certa angolazione, sulla tavola vedremo i vari colori che compongono la luce. Il motivo è semplice: la luce viene deviata dal prisma e, al suo interno, lo spettro dei colori rallenta in modo diverso a seconda della lunghezza d’onda. Il violetto rallenta di più, mentre il rosso rallenta di meno. Di conseguenza, arriveranno sul tavolo separati.
Quando un oggetto (per esempio un fiore) viene colpito dalla luce, assorbe determinate lunghezze d’onda e ne riflette altre. Ai nostri occhi, l’oggetto appare del colore che è stato riflesso. In altre parole, il colore è il modo in cui il nostro occhio percepisce l’energia che si trova attorno a un oggetto.
La luce rossa è meno energetica e ha quindi una lunghezza d’onda più alta, mentre la luce blu è carica di energia e ha una lunghezza d’onda più bassa. Come sappiamo bene, una maggiore energia equivale a una temperatura più alta, per cui il blu porta con sé una temperatura maggiore del rosso.
Quindi contro la normale intuizione i colori che noi di solito definiamo “caldi” (con una tonalità tendente al giallo o al rosso) hanno in realtà una temperatura più bassa.
Naturalmente anche le altre radiazioni non visibili portano con loro una propria temperatura.
La velocità insuperabile (e irraggiungibile)
Una caratteristica straordinaria della luce è la sua velocità. Quando un fotone viene creato, nasce subito a una velocità incredibile, pari a 299.792,458 km/s. Questa è infatti la velocità della luce ed è una costante: il fotone non può viaggiare né più lento né più veloce.
Non esiste nessun altro fenomeno conosciuto che riesca a passare da 0 alla massima velocità in un istante. Anzi, non esiste niente che possa arrivare alla stessa velocità della luce: se tentiamo di accelerare una particella per raggiungere la velocità della luce, si crea una resistenza sempre maggiore che ci impedisce a un certo punto di andare oltre.
Le strane conseguenze della velocità della luce
Ci sono alcune conseguenze legate alla velocità della luce, che risultano poco intuitive e un po’ assurde per chi le esamina per la prima volta. Mi limito a elencarle senza entrare nel dettaglio:
– raggiungere un raggio di luce è impossibile. Abbiamo detto che la luce viaggia a circa 300 mila km/s. Se noi viaggiassimo a 299 mila km/s, la luce continuerebbe ad allontanarsi da noi alla velocità di 300 mila km/s (e non a mille km/s, cioè la differenza, come ci si aspetterebbe). Questo fenomeno è alla base della teoria della Relatività Speciale di Einstein, secondo cui la velocità è una costante mentre è il tempo a poter variare.
– per il singolo fotone, il tempo è come se non esistesse. Quale che sia la distanza da percorrere, il fotone la raggiungerebbe all’istante (dal suo punto di vista, non dal nostro che lo osserviamo dall’esterno): in pratica è come se si trovasse ovunque in qualsiasi momento. Il motivo di questa stranezza è che il fotone viaggia alla massima velocità consentita dalle leggi dell’universo e, proprio per le leggi che conosciamo, significa che il tempo e le distanze si contraggono in modo infinito.
La luce ci rivela che l’universo è fatto dagli stessi elementi
Le bande nere tra i colori della luce
Se osservate la luce con uno spettroscopio, vi accorgerete che ci sono delle bande nere verticali in mezzo ai colori dello spettro visibile. Significa che in quei punti qualcosa assorbe la luce, lasciando appunto una banda nera, senza luce. Abbiamo dovuto aspettare a lungo per risolvere questo mistero, che era stato avvistato agli inizi del 1800 da Joseph von Fraunhofer, perché l’origine si trova all’interno degli atomi e fa riferimento al mondo della fisica quantistica.
All’interno di un atomo, l’elettrone continua a muoversi e a compiere dei “salti quantici”, sparendo da un orbitale e riapparendo in un altro. «Sparire» è il termine giusto da usare, perché in realtà l’elettrone non si sposta: è come se a un certo punto cessasse di esistere e poi riprendesse a vivere su un altro orbitale.
Per usare un paragone, immaginate di essere su un ascensore al primo piano e di dover salire al terzo piano: non passerete mai dal secondo piano, sparirete dal primo e riapparirete nel terzo.
L’impronta unica degli elementi chimici
In un determinato atomo l’elettrone può spostarsi solo in specifici livelli ed eseguire delle specifiche ampiezze di orbita. Ecco perché in natura abbiamo elementi chimici diversi, con un’impronta unica: la chimica di qualsiasi cosa è determinata dalle orbite dei suoi elettroni.
Più ampia è l’orbita, maggiore è l’energia dell’elettrone. Ma l’elettrone dove prende l’energia per saltare su un’orbita più ampia? La risposta è nella luce: quando il fascio di luce colpisce un atomo, gli dona energia e permette all’elettrone di compiere il salto.
I salti dell’elettrone producono sempre un’onda luminosa, il cui colore è dato dalla differenza di energia tra le orbite. Quando l’elettrone scende in un’orbita più bassa, cioè la sua energia diminuisce, l’onda luminosa viene disturbata: questa parte disturbata non arriva fino a noi e crea le bande nere verticali di cui abbiamo parlato poco fa.
Ogni atomo crea delle bande nere diverse, per cui osservando la luce proveniente da un oggetto (es: un pianeta) possiamo capire la sua composizione chimica. Le linee di Fraunhofer ci rivelano che tutto l’universo visibile è fatto dagli stessi elementi.
La storia, dalla camera oscura ai moderni telescopi
I primi passi: la curiosità
Il più grande contributo lo abbiamo avuto attorno al 1000 d. C., a opera del persiano Alhazen. Fu lui a porsi in profondità la domanda più importante di tutte: «Perché vediamo?».
Alhazen è l’esempio principe di come mettendo in discussione le idee consolidate, si può arrivare a compiere straordinarie scoperte. Fino ad allora era opinione comunque che riuscissimo a vedere perché dai nostri occhi partivano dei raggi, che rimbalzando sugli oggetti ci davano la loro visione. Ma Alhazen si rese conto che una simile affermazione era assurda: le stelle sono troppo lontane, come fa il nostro “raggio” a raggiungerle?
Alhazen fu in pratica il precursore del metodo scientifico, secondo cui ogni elemento deve essere messo in discussione, fino a quando tutte le altre possibilità non sono state valutate e scartate. Scoprì che la luce viaggia in linea retta e che facendola entrare in un’apertura molto stretta, ci offre una visione nitida delle immagini esterne: è il funzionamento della camera oscura.
Telescopi e colori dell’arcobaleno
Agli inizi del 1600, con Galileo Galilei arriva il primo telescopio. Ma dobbiamo aspettare un secolo più tardi per arrivare a comprendere che la luce visibile racchiude tutti i colori dell’arcobaleno, quando Isaac Newton usò un prisma di vetro per scomporre la luce bianca nelle sue varie parti.
Il calore della luce
Purtroppo Newton si fermò alla superficie dei studi sull’ottica. La vera meraviglia arrivò 150 anni dopo con Sir Frederick William Herschel, che misurò il calore di ogni singolo componente della luce, scoprendo che la luce rossa ha una temperatura diversa da quella blu. Ma nello stesso esperimento si accorse che c’era un’altra componente della luce, non visibile, che aumentava la temperatura dei termometri in una zona vicino al rosso: l’infrarosso.
In pratica Herschel aveva appena scoperto che lo spettro elettromagnetico non si componeva solo della luce visibile.
Lo spettroscopio: nasce l’astrofisica
Joseph von Fraunhofer, agli inizi del 1800, si rese conto che osservando la luce con un telescopio si intravedevano delle bande nere verticali tra i colori. Ci volle molto tempo per capire cosa fossero queste ombre: erano i tratti distintivi della chimica che componeva gli oggetti dell’universo.
Per merito di questa scoperta, oggi gli astrofisici possono avvalersi dello spettroscopio per osservare un pianeta lontano milioni di km da noi e capire la composizione chimica della loro atmosfera, studiando queste ombre uniche nello spettro visivo.