Introduzione
Alla fine del XIX secolo si viveva nella convinzione che lo spazio fosse attraversato dall’etere, una sorta di mezzo di trasporto per radiazioni luminose e segnali radio che permetteva loro di viaggiare liberamente. In questo etere però alcuni dati davano un risultato anomalo: gli osservatori vedevano la luce viaggiare alla stessa velocità indipendentemente che si muovessero o meno. Intuitivamente un soggetto in moto avrebbe dovuto invece annotare un velocità inferiore.
Per spiegare il fenomeno, Hendrik Lorentz e George FitzGerald ipotizzarono che i corpi solidi si contraessero mentre si muovevano nell’etere e che gli orologi rallentassero. Questo significava che un soggetto non poteva rendersi conto di essere in quiete o in moto.
Il tempo diventa relativo
Albert Einstein non era d’accordo. Poiché non era possibile capire se ci si muoveva o meno nello spazio, che utilità aveva l’etere? Nel 1905 avanzò l’idea che la velocità della luce non dipendesse dal moto e fosse sempre la stessa. Era il tempo a diventare relativo: due soggetti misuravano il tempo allo stesso modo se erano fermi, ma la loro misurazione cambiava se uno di loro si muoveva rispetto all’altro. In definitiva, il tempo smetteva di essere una costante.
La teoria è stata dimostrata da esperimenti concreti. Su due aerei sono stati collocati degli orologi estremamente precisi e che segnavano lo stesso orario. Partiti assieme, il primo circumnavigò il mondo da ovest a est e il secondo nella direzione contraria, da est a ovest. Quando arrivarono a destinazione, i loro orologi erano leggermente diversi (si parla di cifre decimali, ma pur sempre significative). Perché questa differenza? Viaggiando verso est, la velocità dell’aereo si aggiunge a quella della Terra e di conseguenza si arriva prima a destinazione. Il che dimostra che il tempo cambia a seconda di come ci si muove.
Naturalmente le parole di Einstein furono molto contestate dagli scienziati, perché cadeva un caposaldo della fisica. Il sistema classico prevedeva infatti che il tempo fosse misurabile, costante, fisso, e che la velocità fosse una variabile. Con la relatività ristretta (o particolare, o speciale) è tutto l’opposto: si è dimostrato che è la velocità della luce a essere una costante e che il tempo può variare.
Il paradosso dei gemelli
L’esempio più emblematico è rappresentato dal paradosso dei gemelli. Angelo e Bruno hanno la stessa età. Nell’anno 2000 Bruno viene inviato in missione nello spazio, con una navicella capace di viaggiare a una velocità prossima a quella della luce. Il fratello invece rimane a terra ad aspettarlo.
In un giorno dell’anno 2020, Angelo vede la navicella fare ritorno a casa. Bruno scende con un sorriso sulle labbra per abbracciarlo. Angelo, sconcertato, scopre allora che il gemello è più giovane di lui di 8 anni. L’orologio di Bruno segna infatti l’anno 2012. Mentre per Bruno sono passati dodici anni, per il gemello a terra ne sono passati venti.
Il paradosso risiede nel fatto che entrambi hanno ragione. Effettivamente sono trascorsi venti anni dalla partenza della navicella, ma Bruno ha impiegato solo dodici anni per percorrerli.
Einstein spiega chiaramente che le leggi della fisica sono simmetriche per sistemi inerziali, cioè in quei sistemi dove il corpo preserva il suo stato di quiete o di moto rettilineo perché non è soggetto a forze esterne. Angelo in questo caso fa parte di un sistema inerziale. Non così per Bruno. Con la sua navicella ha continuato ad accelerare e decelerare. Per questo motivo la simmetria delle leggi (viste da Angelo e da Bruno) non è più valida. La relatività ristretta non può sbrogliare questo paradosso.
I limiti della Relatività Speciale
Einstein si rendeva conto che la relatività ristretta aveva dei limiti, perché poteva essere applicata solo a elementi che si muovevano a velocità costante e in linea retta. Con oggetti in moto accelerato o curvilineo non poteva essere applicata. Fu questo dubbio a portarlo a postulare, qualche anno dopo, la teoria della relatività generale.
Ma l’argomento è tanto interessante, per le sue conseguenze, da meritare un articolo a sé stante.
Buona sera, premetto che non so quasi nulla di fisica, ma l’argomento mi interessa e ho voluto approfondire. Nell’esperimento che lei propone, per dimostrare la relatività del tempo, mi sembra che sommi la velocità dell’aereo 1 a quella della rotazione terrestre attorno al porprio asse, e sottragga a quella dell’aereo 2 la stessa. Però io credo che un aereo vada alla stessa velocità, indipendentemente dalla superficie che sorvola. La prego di darmi delucidazioni, probabilemnte sono io che non ho capito qualcosa. Grazie mille per l’articolo e la futura risposta
Salve Luca,
tutte le premesse formulate nel suo commento sono esatte, compreso il fatto che (semplificando) la velocità dell’aereo va ad aggiungersi a quella della rotazione terrestre (il che non dipende dal tipo di “terreno” che sorvolano, visto che si muovono entrambi nella stessa atmosfera, ma da una naturale legge fisica). Bisogna tenere conto che, mentre gli aerei sono in volo, la Terra si sposta con il suo moto di rotazione.
Proprio per questo motivo il primo aereo risulta più “veloce” del secondo e quindi arriva prima.
Se servono altri chiarimenti sulla relatività (che in effetti non è un concetto semplicissimo da capire) l’articolo che ho scritto sulla relatività generale estende le premesse spiegate qui sopra:
http://www.manuelmarangoni.it/onemind/320/il-legame-tra-il-tempo-e-lo-spazio-lo-spaziotempo-e-la-relativita-generale/
Non conosco esattamente l’esperimento degli aerei, ma suppongo che significhi questo:
Due aerei, che hanno a bordo due orologi sincronizzati, decollano contemporaneamente dallo stesso aeroporto, uno dirige verso est e uno verso ovest. Percorrono esattamente la stessa rotta, cioè il parallelo geografico che attraversa il punto di partenza, ma in senso inverso, e ritornano contemporaneamente allo stesso aeroporto. Affidandosi solo alla carta geografica essi hanno percorso gli stessi chilometri nello stesso tempo, quindi hanno viaggiato alla stessa velocità, ma in termini fisici non possiamo dimenticare che l’aeroporto è un punto in movimento, perchè posizionato su un corpo rotante (la Terra). Perciò è evidente che i due aerei hanno percorso lunghezze diverse (uno viaggiava inseguendo la meta, che invece andava incontro all’altro) impiegando lo stesso tempo, quindi hanno viaggiato a velocità diverse. All’arrivo, per gli effetti relativistici, i loro orologi avevano perso la sincronizzazione.
Per quanto riguarda il paradosso dei gemelli, non credo che per spiegarlo sia necessario ricorrere alla relatività generale e alle accelerazioni. Al contrario la storia è costruita proprio per studiare la contrazione del tempo che deriva dalla semplice velocità relativa, come l’esempio dei due aeroplani.
Se interessa, ho scritto una pagina (senza uso di numeri) sul modo corretto in cui ritengo si debba interpretare il paradosso:
http://www.mauriziocavini.it/Spigolature/Spighe4.html
Ottima pagina: gli schemi che hai inserito aiutano a farsi un’idea più chiara del paradosso dei gemelli.
Ho inserito la pagina tra i link esterni in fondo all’articolo
La teoria einsteiniana della relatività a cosa serve? A me pare che le equazioni di Einstein non funzionino se nella pratica si usano ancora quelle di Newton. Ed il postulato che la luce viaggi nel vuoto a velocità costante e immutabile mi sembra più un dogma di fede che un postulato! Non è affatto evidente che la luce viaggi o che sia movimento. Ciò che invece ognuno può constatare è che essa è, e che non si muove affatto. Non ne ha bisogno. Anche il fatto che il tempo e lo spazio non sarebbero assoluti e si dilaterebbero o si contrarrebbero a seconda della velocità con cui ci si muove è un’altra incongruenza. A detta di Louis Essen, il padre dell’orologio atomico, la cosiddetta teoria della relatività ristretta sarebbe uno scherzo, o una truffa. Einstein non fu mai uno scienziato. Credette di dimostrare che la forza di gravità non era una forza bensì il risultato della curvatura dello spazio e del tempo vuoti, cioè del nulla. Ma lo dimostrò solo a chi non si fece mai la domanda: come fa il nulla ad essere curvo?
Dalla risoluzione delle equazioni della relatività generale deriva la conseguenza che il cosmo non sarebbe immutabile, eterno e infinito ma avrebbe una nascita, un’evoluzione e una fine. Certamente nel divenire tutto cambia, ma questo lo sanno anche i bambini! Eterno e infinito, o non eterno e non infinito, potrebbe poi verificarlo o negarlo solo un essere capace di superare, in età, l’eterno e, in grandezza, l’infinito. Quindi anche questa è un’altra cosa sciocca: ogni volta che si applicano i numeri al concetto di infinito si può rilevare la misura di qualcosa è contemporaneamente dire che quel valore è la sua metà o il suo doppio, o triplo, ecc. Basta fare una lista di numeri: 1, 2, 3, 4, ecc., all’infinito, e un’altra lista di numeri pari: 2, 4, 6, 8, ecc., all’infinito. La prima e la seconda lista contengono lo stesso numero di cifre perché l’infinito è infinito per entrambe le liste. Eppure nella seconda lista, quella dei numeri pari, non ci sono i numeri dispari, quindi si può dire che pur avendo il medesimo numero di cifre della prima, ne ha la metà! Questo però è un ragionamento da Alice nel paese delle meraviglie. Oggi, con giochetti come questi si CREDE in una materia oscura o in un’energia oscura, capace di accelerare l’espansione del cosmo. Bella intuizione… per il nuovo oscurantismo! Gli orologi sui satelliti GPS, costruiti in base alla formula di Einstein, devono essere giornalmente “aggiustati”, altrimenti non funzionano. Questo, che è un errore, è letto come cosa buona e giusta in quanto ciò sarebbe stato previsto dalla relatività generale. Ma allora se lo si sapeva, perché non si è provveduto a costruirli funzionanti, senza bisogno di “aggiustarli” giornalmente come sveglie dell’800? La relatività poi non si integra con la meccanica quantistica, che descrive il mondo delle particelle. Lo scontro fra le due teorie causa ulteriori contraddizioni che non saranno mai risolte se la relatività non andrà d’accordo con la meccanica quantistica, da cui deriva l’elettronica, mentre dalla relatività non deriva alcun progresso tecnologico, dato che per i calcoli dei viaggi spaziali si usano sempre le equazioni newtoniane. Sembra che con la formula di Einstein non si possa andare nemmeno a Canicattì…
Ciao Nereo,
Intanto grazie per l’intervento, confronti come questi aiutano a usare un pensiero laterale e sono sempre utili.
Hai messo in campo un sacco di concetti, rispondo solo ad alcuni perché altrimenti ci sarebbe da scrivere un nuovo articolo 🙂
La fisica newtoniana può essere usata per misure ridotte, per esempio nella nostra quotidianità (e infatti la usiamo per le comuni misurazioni), ma se cominciamo a parlare di velocità elevate prossime a quella della luce non è più sufficiente: la meccanica di Newton diventa imprecisa e bisogna per forza fare riferimento a quella relativistica.
Per quanto riguarda la velocità della luce (chiamiamola C), le misurazioni ormai ci hanno dato la certezza che si tratti di un valore costante. Se C non fosse costante le misurazioni porterebbero a dei risultati strambi: per esempio se un oggetto si muovesse con una velocità vicina a C, la sua velocità si sommerebbe a quella di C, cioè risulterebbe una velocità pari a due volte C. Ma noi sappiamo che non succede: la luce emessa da un oggetto ha sempre la stessa velocità, non importa quanto l’oggetto sia veloce. Teniamo presente che la velocità di C è misurata continuamente da strumenti avanzati (vedi lo SPring-8 in Giappone), quindi possiamo dire di essere certi della costanza di C.
Hai parlato poi del nulla. In questo caso è anche difficile creare un dibattito, perché per la fisica (fino a prova contraria) il nulla non esiste: il nulla è un concetto più filosofico che fisico. Dovremmo entrare in argomenti come la religione, la psicologia umana e il nostro modo limitato di concepire l’infinito e l’assenza di qualcosa, ecc. Questioni che i più razionali definiscono «mancanza di conoscenza». Non mi pare il caso di addentrarci, non ne usciremmo.
Al momento l’idea della materia oscura e dell’energia oscura è una soluzione valida ma ancora in fase di sviluppo. Le misurazioni indirette ci dicono che esiste qualcosa in quel 90% di Universo che non riusciamo a vedere, perché esiste un’attrazione gravitazionale di una massa invisibile; se non ci fosse niente, non ci sarebbe nemmeno l’attrazione.
Una precisazione: non è affatto vero che per i calcoli dei viaggi spaziali si usi solo la meccanica newtoniana. Come ho scritto sopra, a velocità estremamente elevate non è più sufficiente e occorre affidarci alle formule relativistiche. Per farti un esempio più pratico, qualche tempo fa avevo cercato di calcolare quanto tempo avrebbe impiegato un’astronave a raggiungere la velocità della luce accelerando a 1G costante da fermo; per farlo avevo usato la classica formula di accelerazione e giustamente un fisico di professione mi aveva avvertito che non è possibile ottenere un risultato preciso. [Per dettagli vedi http://math.ucr.edu/home/baez/physics/Relativity/SR/Rocket/rocket.html ]
Magari in futuro usciranno nuove misure che daranno ragione a Louis Essen, ma per il momento le misurazioni parlano chiaro: la relatività funziona e C è costante.
Marangoni, parlare con coloro che affermano nullità astratte come le tue è inutile, comunque, ecco la mia risposta: http://digilander.libero.it/VNereo/il-business-della-realtivita-e-le-chiavi-per-smascherarlo.htm
http://digilander.libero.it/VNereo/alberto-bolognesi-via-col-tempo.htm
http://digilander.libero.it/VNereo/perche-la-merda-di-einstein-non-si-scioglie-nel-wc.htm
Astratte direi proprio di no, ci sono formule ed esperimenti tutt’ora in corso che le convalidano, ma rispetto il tuo punto di vista. Lascio i link alle pagine che hai messo per chi volesse leggerli
Ciao a tutti,
vorrei anch’io lasciare un commento (“delucidazione” mi sembra presuntuoso).
La luce non è affatto ferma, essa si muove allo stesso modo di un’onda elettromagnetica, o più semplicemente, di un onda radio. la lue E’ un’onda elettromagnetica. Se fosse ferma, lo sarebbero anche le radiazioni elettromagnetiche, eppure la radio e la tv funzionano.
In fisica il vuoto non esiste. Le onde elettromagnetiche viaggiano nello spazio; è così che comunichiamo ad esempio con Opportuniy su Marte. Lo spazio, che noi intendiamo vuoto, in realtà è una trama fittissima di pura energia, strada e mezzo di propagazione della luce e di tutte le radiazioni elettromagnetiche. Il nulla assoluto è un concetto bizzarro che non riguarda la nostra fisica. Lo spazio si dilata e si contrae in presenza di grandi masse ed anche a velocità prossime a “c”. Questo è stato dimostrato e ridimostrato sperimentalmente fino alla noia; l’esempio più eclatante è il fenomeno della “lente gravitazionale”. Grazie a tale fenomeno si riescono ad osservare corpi celesti o galassie nascosti dietro ad altri corpi celesti o altre galassie; in parole semplici la luce proveniente ad esempio da una galassia a noi “nascosta”, curvando attorno al “pozzo gravitazionale” formato da un’altra galassia interposta, riesce ad arrivare fino alla lente dei nostri telescopi mostrandosi nella sua posizione “apparente” (non posizione reale). E’ stato dimostrato e ridimostrato che un orologio tende a scandire il tempo più velocemente a mano a mano che si allontana dalla terra.
Per quanto riguarda Newton, con la sua formula dell’interazione gravitazionale, è possibile calcolare interazioni e campi gravitazionali medio-piccoli. Essa è tuttora usata per inviare ad esempio un satellite attorno alla terra in quanto nell’esempio specifico Newton e Equazioni di Campo di Einstein danno lo stesso risultato; dato che la formula Newtoniana è semplicissima (le equazioni di campo sono molto complesse) viene appunto usato Newton. Ma quando ci immergiamo su campi gravitazionali prodotti da corpi molto più massivi, bisogna necessariamente affidarci ad Einstein (Newton non da più valori affidabili)
ciao a tutti
“Delucidazione” direi che è un termine adatto, hai spiegato molto bene il fenomeno della lente gravitazionale 🙂
Tra l’altro una prova concreta sulla validità della teoria relativistica ce l’abbiamo sotto il naso tutti i giorni: il GPS. I satelliti sono situati in orbite diverse e quindi devono essere corretti tenendo conto della loro velocità (Relatività Ristretta) e degli effetti della gravità terrestre in base all’altitudine (Relatività Generale). Senza queste correzioni i nostri navigatori ci manderebbero fuori strada…