L’origine della Festa di San Valentino – Romanticismo e fertilità

27 Gennaio 2012 | Cultura e società

L’amor cortese

Ogni anno, il 14 di febbraio, le coppie innamorate fuggono dagli impegni e si concedono una serata (o un intero giorno) da trascorrere da soli, dimenticando il mondo che li circonda e avvolgendosi in quell’atmosfera che ha un sapore dolce e un pizzico di malinconia.

La pratica dello scambio di doni, dei messaggi segreti e delle lettere d’amore è stata resa molto più semplice dalla tecnologia moderna, ma la sua autentica origine fonda le radici nell’amor cortese. Si tratta di una corrente nata sul finire del 1800, quando i poeti e i filosofi avevano fatto dell’amore il sentimento più nobile esistente. La donna era vista come una creatura da venerare, quasi una dea, nel suo aspetto romantico, e l’autore sapeva fin da subito che non sarebbe stato contraccambiato, perché lei era un qualcosa di irraggiungibile.

Naturalmente la Chiesa non poteva accettare un culto simile, così in contrasto con la religione.

Quindi la Festa di San Valentino non ha niente a che fare con la religione? Al contrario: è nata dalla religione e si è trasformata con il tempo. Come è successo per il Natale e per la figura di Babbo Natale, la Chiesa si è appropriata di una festa religiosa più antica e l’ha fatto propria, con le dovute modifiche. Diamo un’occhiata alla vera origine di questa ricorrenza.

Il romanticismo – San Valentino da Terni

Le origini

Ufficialmente, per la Chiesta la festa è nata nel 496 d.C. a opera di Papa Gelasio I e fu istituita in onore di Valentino da Terni. Valentino è vissuto dal 176 al 273 d.C. Raffigurato con bastone pastorale e una palma, quest’uomo è diventato vescovo alla giovane età di 21 anni e si è prodigato per diffondere il culto cristiano tra i pagani. Il suo fervore era tanto acceso da cercare di convertire prima l’imperatore Claudio II e quindi l’imperatore Aureliano: mentre il primo cercò soltanto di spingerlo a rinunciare alla sua fede, il secondo lo prese come un insulto e lo fece arrestare.

Trascinato per la via Flaminia, Valentino fu torturato e infine decapitato, alla veneranda età di 97 anni – motivi che lo resero martire e quindi incline a occupare il posto di santo. Della sua sepoltura si occuparono tre suoi discepoli: Apollonio, Efebo e Proculo.

Il legame con gli innamorati

Perché un uomo diventi santo c’è bisogno, tra le altre cose, che abbia compiuto dei miracoli. La storia qui lascia il posto alla leggenda, perché non c’è niente di stabilito e i miracoli variano a seconda della tradizione. Uno dei più significativi racconta di come incontrò la figlia cieca di chi l’aveva imprigionato. Spinto dall’affetto per lei, le diede la vista in modo miracoloso. Prima di morire per decapitazione, Valentino le lasciò un messaggio scritto che terminava con «dal tuo Valentino», la frase tipica di chiusura di una lettera d’amore.

Altre storie parlano di come rappacificò i rapporti di due giovani che litigavano, porgendo loro una rosa e invitandoli a tenerla entrambi con una mano; o di come abbia unito in matrimonio la cristiana Serapia, sul punto di morte, e il romano-pagano Sabino, che Valentino si prodigò di battezzare. Più che miracoli, si tratta di eventi tipici della religione cristiana, ma dimostrano come Valentino si occupasse delle situazioni sentimentali.

Ma c’è forse un altro motivo che lega questo giorno al tema romantico. Febbraio è il tempo in cui gli uccelli si incontrano per i primi accoppiamenti, che avvengono in una danza “sobria” e piacevole da vedere. Ecco quindi che nasce la tradizione romantica legata al 14 di febbraio.

Simbolo di fertilità – La sanguinosa festa dei Lupercalia

Antiche tradizioni condannate

Abbiamo parlato di una festa ben più antica che si celebrava in questo periodo e che la Chiesa ha poi soppiantato. La festa pagana prendeva il nome di Lupercalia ed era tutto l’opposto del nostro San Valentino. Vediamo perché.

Innanzitutto non si celebrava al 14, ma al 15 di febbraio, per onorare il dio Luperco (integrato poi nel dio Fauno). Luperco proteggeva il bestiame dall’assalto dei lupi, che tipicamente aveva il loro apice proprio in questo periodo. È probabile che i Lupercalia – che di fatto erano riti purificatori – avessero origine dalla mitologia greca, visto che i Romani si sono appropriati di gran parte del loro pantheon. In questo caso il Luperco in questione è da assimilare al dio greco Pan, il cui aspetto lo ricorda da vicino.

Come potete vedere, non ha niente a che fare con la festa che tanto celebriamo il 14 febbraio. Il fatto è che i culti cristiani sono volti non soltanto a soppiantare i riti pagani, ma anche a eliminare le tracce “profane” delle vecchie religioni.

I Lupercalia erano celebrati, infatti, con un rito che agli occhi della Chiesa era troppo osceno e sanguinario. Si sacrificavano una o più capre e si intingeva quindi un coltello nel loro sangue per segnare sulla fronte due nuovi iniziati al rito. Gli stessi adepti indossavano le pelli delle capre sacrificate e delle strisce di pelle erano staccate per creare delle fruste. Con questi scudisci improvvisati, si percuotevano il terreno e il ventre delle donne (che alle origini del rito sporgevano volontariamente in modo “osceno”) augurando la fertilità.

La differenza, quindi, sta proprio nella sostanza. I Lupercalia celebravano la fertilità. La festa di San Valentino celebra tutt’ora l’amore romantico di coppia.

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