Il bushido
L’Hagakure kikigaki («Annotazioni su cose udite all’ombra delle foglie») è probabilmente il testo che riassume nel modo più completo l’essenza del codice di comportamento dei samurai, che nei secoli prese il nome di bushido («la via del guerriero»). Del bushido ho ampiamente parlato in un articolo dettagliato, dove abbiamo visto come i samurai non solo si tramandassero valori di coraggio, lealtà e onore, ma anche si imponessero il rispetto, la compassione e la ricerca della perfezione.
Nell’Hagakure l’autore Yamamoto trascrive tutti questi valori in centinaia di precetti, aneddoti e riflessioni personali. Un’opera che ha tutto il sapore di un’età perduta, unita a quello stato di abbandono verso cui si stava dirigendo la casta dei samurai.
Yamamoto Tsunetomo
Yamamoto Tsunetomo era un monaco buddhista. All’età di 9 anni è entrato a far parte della prefettura di Saga nella provincia di Hizen, nel Kyushu, e ha cominciato a servire come un samurai il suo signore, Mitsushige Nabeshima. Fu alla morte di quest’ultimo per malattia che, all’età di vent’anni, decise di seguire un’altra strada invece di eseguire il seppuku (suicidio rituale per riparare a un disonore) come invece si usava tra i samurai che avevano perduto il proprio signore: divenne monaco.
Cambiò il nome in Yamamoto Jocho e si ritirò tra le montagne. Qui, da vecchio, tra il 1709 e il 1716 ebbe un dialogo frequente con il samurai Tsuramoto Tashiro, che fortunatamente decise di trascrive il contenuto diversi anni più tardi con il nome di Hagakure. Dobbiamo aspettare però fino al 1906 per vedere la prima pubblicazione.
La filosofia che racchiude l’onore giapponese e l’idea di perfezione
Il significato della morte
Yamamoto è vissuto alla fine del 1600, in pieno periodo Edo, il lungo tempo di pace che vide il tramonto delle battaglie combattute tra i samurai. Prima di allora, infatti, era cosa comune vedere in campo eserciti di guerrieri combattere in onore di un signore feudale e cercare di far crescere il clan al quale appartenevano. Yamamoto rimpiangeva le antiche battaglie a cui non ebbe l’occasione di partecipare. Condannava la decadenza della casta dei samurai e il fatto che non rispettassero il bushido, il loro codice d’onore.
A differenza di altre opere, il monaco si rivolgeva anche ai ronin, samurai vagabondi rimasti senza padrone per cause che non dipendevano dalla loro volontà. Il tema principale è la morte. Non fraintendete questo termine. Nel pensiero orientale la morte ha un significato diverso da come lo intendiamo noi: non è vista come “la fine della vita”, ma come la soppressione della propria esitazione, del proprio “io”. In pratica la sconfitta della thanatofobia (per l’appunto, la paura della morte).
Come fare in modo di non esitare davanti a niente? Per Yamamoto (e per i samurai in genere) era semplice: appiattire le emozioni e pensare di continuo che l’istante vissuto poteva essere l’ultimo. In questo modo si elimina qualsiasi paura e si cerca di portare a termine ogni azione nel modo più perfetto possibile. Il concetto è difficile da capire, ma non dovete fare l’errore di guardarlo in superficie. Gli aforismi che riporto sotto vi daranno un’idea di cosa intendo.
L’Hagakure non è solo un’opera di guerra. Anzi, può essere vista come un cammino nella vita di tutti i giorni, tanto che molti imprenditori prendono i suoi precetti come esempio per dirigere con successo un’azienda (un altro testo che gli imprenditori sono soliti confrontare è il Libro dei cinque anelli di Musashi Miyamoto). Sono trattati, infatti, dei consigli morali e di comportamento in pubblico per raggiungere la perfezione in ogni azione.
Alcuni aforismi dell’Hagakure
La versione dell’Hagakure che ho letto è quella pubblicata dalla RCS Libri nel 2003 e si intitola “Hagakure – Il codice dei samurai”. Il libro originale è composto da ben 11 volumi e non sono mai stati tradotti completamente in italiano. Nella versione citata, si leggono 349 aforismi.
Riporto qua sotto alcuni tra gli aforismi più significativi. Al tempo in cui sono stati redatti parlavano del comportamento dei guerrieri (che dovevano essere impavidi, ma anche giudiziosi e onorevoli), dell’etichetta da tenere in pubblico e della lealtà che si deve dimostrare verso il proprio signore e i propri genitori. Se la guardate in chiave moderna, però, scoprite che possono essere ancora validi come linea di condotta da seguire. Buona lettura.
[3] Ho scoperto che la Via del samurai consiste nella morte.
[19] Talvolta anche una persona apparentemente inutile si rivela un abile samurai dalla forza di mille uomini, dimostrando di poter rinunciare alla vita e che il suo cuore si è completamente identificato con quello del suo padrone.
[40] Esiste un livello che trascende [gli altri]: quello di chi trionfa nella Via. Poiché ci si addentra in profondità nella Via, si scopre che i suoi effetti sono infiniti e che l’addestramento non si può mai ritenere concluso. Si comprendono effettivamente le proprie carenze, e non si pensa più alla completezza; si finisce per non coltivare più l’idea dell’orgoglio, un senso di depressione o di inferiorità.
[42] Oggi siamo più abili di ieri, domani saremo più abili di oggi. Per tutta la vita, giorno per giorno, siamo sempre migliori.
[60] […] Se la pioggia vi sorprende a metà strada, e camminate più in fretta per trovare un riparo, nel passare sotto alle grondaie o nei punti scoperti vi bagnerete ugualmente. Se invece ammettete sin dall’inizio la possibilità di bagnarvi, non vi darete pena, pur bagnandovi lo stesso.
[65] Sul campo di battaglia ci si dovrebbe prefiggere di vincere un avversario valoroso. Giorno e notte, si ambisca di abbattere un nemico possente con impeto e infaticabilmente.
[75] Quando senti parlare di un maestro eccellente, non devi credere, deprimendoti, di non poterlo eguagliare. Anche il maestro è un uomo, uno come te. Se pensi di essergli inferiore, entrerai subito nello stato d’animo corrispettivo.
[103] Non esiste l’impossibile. Se si è animati da un forte proposito, si può scuotere con il pensiero il mondo intero. Si può fare tutto. Per la sua fragilità, la mancanza di spirito e la paura l’uomo non è determinato. E’ stato detto che si può muovere l’universo persino senza fatica; beninteso, se ci si concentra unicamente su questo.
[139] […] Si devono coltivare tre qualità interiori: la saggezza (chi), la solidarietà (gin) e il coraggio (yù). […] La saggezza consiste semplicemente nel saper conversare; dalla pratica del dialogo deriva una saggezza inestimabile. La solidarietà consiste nell’agire per gli altri; ci si paragona agli altri, e se ne vuole il bene. Il coraggio consiste nel mostrare i denti; ci si fa avanti senza pensare alle conseguenze, eliminando ogni perplessità. […]
[152] Yasuda Ukyo ha detto che l’ultimo bicchiere di sake è determinante. Parlando di una vita, vale lo stesso principio: la fine è determinante.
[157] Uesugi Kenshin ha detto: «Non mi curo della vittoria finale, ma solo di non perdere terreno».
[167] Persino con la testa recisa, si può ancora fare qualcosa. Quando si è decisi a compiere azioni valorose e si possiede la furia di uno spirito malvagio o affamato, ancorché decapitati non si è ancora morti.
[189] In verità, la vita umana è breve. Meglio, dunque, fare le cose che ci piacciono. In questo mondo, che ha la stessa realtà del sogno, è sciocco amareggiarsi per limitarsi alle cose che non piacciono. […]
[261] «Vittoria» significa trionfare sui propri alleati. «Trionfare sui propri alleati» significa trionfare su se stessi. «Trionfare su se stessi» significa trionfare sul proprio corpo. Un guerriero deve trovarsi nel bel mezzo della mischia, al fianco di diecimila alleati, dei quali nessuno possa azzardarsi a toccarlo. Egli vi riuscirà solo se dominerà il cuore, la mente e il corpo.
[266] […] Se la spada si spunta, vuol dire che si colpirà con le mani. Se le mani sono state troncate, si colpirà con le spalle. Se le spalle sono state troncate, si addenteranno al collo dieci o quindici nemici. In questo consiste l’audacia.
[297] Nell’opera “Nozioni di strategia militare” sta scritto così: «Innanzitutto vinci, e poi combatti». […]
[313] Un uomo appartiene all’epoca, ma la sua fama è eterna.