Introduzione
L’uomo, si sa, non ha un bel rapporto con l’alimentazione. In parte per ignoranza e in parte per egoismo, provoca danni a se stesso e all’ambiente attorno che potrebbe limitare con un po’ di impegno.
Lo abbiamo visto nel dettaglio in due articoli. Nel primo si mostravano i danni provocati dalla cattiva alimentazione (e sono davvero molti). Nel secondo si passavano a rassegna uno a uno i disastri ambientali causati dall’allevamento, dalla deforestazione e dall’enorme spreco di acqua usata nelle coltivazioni.
Non c’è bisogno di indorare la pillola: la situazione è davvero critica, soprattutto considerando che la popolazione mondiale sta crescendo a dismisura e che le risorse, sulla Terra, iniziano a scarseggiare. Quello che sentite in giro non è falsa propaganda ma la cruda realtà, e i dati (anche se a volte un po’ gonfiati) parlano chiaro: se non ci diamo una mossa a cambiare, arriveremo presto a un punto di non ritorno.
Resta ancora un tema scottante di cui parlare e che non ho ancora trattato: lo spreco del cibo. Non mi sto riferendo agli avanzi nel nostro piatto – che comunque sono un dato preoccupante nei Paesi “progrediti”, visto che una parte della nostra cena finisce nell’immondizia ogni giorno. Parlo dei prodotti che finiscono nella spazzatura prima ancora di arrivare nelle nostre case o nei supermercati. Vediamo prima qualche numero generale.
Dati alla mano: uno spreco da primati
Nel novembre 2012 il Barilla Center for Food & Nutrition ha riportato alla ribalta qualche dato che definire sconcertante è riduttivo.
Ogni anno nel mondo muoiono 36 milioni di persone per mancanza di cibo. Per contro, 29 milioni di individui muoiono per complicazioni dovute all’obesità. I bambini denutriti nel mondo sono 148 milioni e quelli in sovrappeso o addirittura obesi arrivano a 155 milioni. La conseguenza? Dopo 50 anni di storia, per la prima volta le nuove generazioni avranno un’aspettativa di vita più breve.
L’origine dello spreco
Come abbiamo visto nell’altro articolo, nelle coltivazioni si spreca una quantità enorme di acqua ogni anno e un terzo del cibo prodotto ogni anno viene destinato alle bestie da allevamento; inoltre, all’allevamento è destinato ben il 64% dell’acqua potabile. Per ogni chilo di carne serve dalle 20 alle 50 volte la quantità di acqua necessaria per un chilo di verdure. Un vero paradosso, se consideriamo che 1 miliardo di persona è sottoalimentato e non ha accesso all’acqua potabile.
Ma l’agricoltura e l’allevamento non sono l’unica fonte di spreco. Sempre più terra viene sfruttata per produrre biocarburanti da destinare alle macchine: l’acqua usata in questo modo, naturalmente, viene negata a chi ne avrebbe bisogno. Teniamo conto che al mondo circa 1 miliardo di persone hanno una macchina e 2 miliardi di persone sono malnutrite. Nei soli Stati Uniti si produce ogni anno 390mila metri cubi di granoturco, di cui solo il 55% viene usato per produrre cibo (il 45% è usato invece per creare etanolo).
Lo spreco prima del consumo
Non guardiamo soltanto le aziende di coltivazione: la colpa è anche nostra. Se già esiste lo spreco di acqua e di alimentazione a monte, anche sulle nostre tavole abbiamo un problema: buona parte dei piatti che mangiamo finisce nella spazzatura, segno che abbondiamo inutilmente nelle dosi.
Ma esiste un altro grave problema, che è la fonte principale dello spreco. L’Institution of Mechanical Engineers ha calcolato che ogni anno circa 2 miliardi di tonnellate di cibo non viene consumato e finisce nella spazzatura. Questo numero spropositato corrisponde a metà della produzione annua in tutto il mondo: quindi metà di quello che produciamo viene scartato.
Uno dei motivi di questo spreco è la data di scadenza troppo ravvicinata al momento in cui il prodotto finisce sullo scaffale del supermercato. Tra il 30% e il 50% dei prodotti non arriva nemmeno a essere comprato: va a male. Aggiungiamo che il 30% delle verdure coltivate non sono mai raccolte, per le quali è stato necessario utilizzare 550 miliardi di metri cubici di acqua (usata, quindi, per niente).
Conclusioni
In breve, abbiamo visto che l’uomo preferisce la comodità e alimentare le proprie auto anziché preoccuparsi di chi all’acqua e al cibo non può accedere. Il motivo? A mio avviso non si tratta di indifferenza. È chiusura mentale, pigrizia ed egoismo. Quando si sente parlare di numeri reali l’essere umano non resta indifferente: questo significa che si sente coinvolto, ma poi volta la testa da un’altra parte e continua per la sua strada.
Non servirebbe molto per capovolgere la faccenda, basterebbe cambiare il nostro stile di vita. Per esempio, se possibile acquistiamo frutta e verdura direttamente dai coltivatori o cogliamola dal nostro orto: meno passaggi di mano deve fare il cibo, meno viene sprecato (e nel caso dell’orto lo spreco si riduce a zero). Se moderiamo il consumo di carne, si diminuirà l’allevamento intensivo, che come abbiamo visto è anche causa di inquinamento e di enorme spreco d’acqua – senza contare che il consumo eccessivo di carne è causa dei maggiori mali fisici dell’uomo.
Presi singolarmente siamo gocce in un oceano, ma – per citare una frase – «l’oceano è fatto da una moltitudine di gocce». Se inizia a farlo un piccolo gruppo, il cambiamento si ripercuoterà a domino su un gruppo più grande, su una società, forse persino su una Nazione (è notizia recente, per esempio, che l’Irlanda sta superando la crisi economica investendo sull’energia verde, una decisione accettata dal popolo intero).
La cosa importante è non voltare la testa da un’altra parte.