Introduzione
In questo periodo la parola inflazione si sente ovunque: nei giornali, nei media come i tg, in politica. Viene sempre additata come un male terribile, un mostro da abbattere, tanto da instillare nella gente una naturale paura. Ma quanti di voi sanno, effettivamente, cos’è l’inflazione? Quanti di voi conoscono le sue cause e le sue conseguenze?
Descrivere l’inflazione nei dettagli richiede una certa dose di terminologie e di mente economica, ma è possibile capire le sue dinamiche anche guardandola in superficie e attraverso degli esempi. È quanto cercherò di fare in questo articolo: spiegare in maniera semplice perché l’inflazione è tanto citata in un periodo di crisi economica, senza entrare troppo nei dettagli.
Proprio perché farò una “sorvolata”, non dovete considerare l’articolo come una descrizione completa, ma soltanto approssimativa. Chi vuole approfondire, può farlo con una ricerca in rete (di materiale ce n’è anche troppo).
Se vi basta capire l’inflazione in modo superficiale, leggetevi soltanto le prossime due sezioni. In fondo ci saranno due ulteriori sezioni con qualche concetto di approfondimento.
In generale: la legge della domanda e dell’offerta
Come definizione generica, l’inflazione si ha quando i prezzi dei beni e dei servizi continuano ad aumentare, in un periodo di tempo che abbia preso come punto di riferimento. In una situazione simile, la moneta perde di potere di acquisto e continuerà a perderlo fino a quando i prezzi persisteranno a salire.
Cosa significa nel concreto? Facciamo un esempio molto semplice. Prendiamo un negozio di pasticceria e poniamo che il proprietario venda ognuno dei suoi pasticcini a 1 €. Il problema è che ha a disposizione solo 100 pasticcini alla settimana. La situazione di equilibrio si ha quando, ogni settimana, arrivano cento clienti che si portano a casa un pasticcino a testa pagando 1 €. La merce viene così venduta tutta.
Ora mettiamo che i clienti in una settimana siano 110. Il proprietario però ha sempre a disposizione soltanto 100 pasticcini.
Secondo un comportamento naturale, il proprietario si sentirà autorizzato a rincarare il prezzo dei suoi pasticcini. Siccome i clienti sono 110 e ognuno ha 1 € da spendere, se il proprietario gioca bene le sue carte potrà incassare 110 € alla settimana: quindi venderà i suoi cento pasticcini a 1,1 € l’uno.
Questa legge economica prende il nome di domanda e offerta: siccome la domanda (110 clienti) supera l’offerta (100 pasticcini), il prezzo aumenta.
L’inflazione sta nel fatto che il valore della merce (pasticcino) è aumentato rispetto al suo valore originario.
Potrebbe anche accadere l’inverso, cioè che arrivino soltanto 90 clienti nella settimana, anziché cento. In questo caso succede l’effetto opposto: il proprietario si trova costretto ad abbassare il prezzo a 0,90 € per vendere tutti i suoi pasticcini (perché in circolazione non ci saranno più 100 € da consumare, ma solo 90 €).
In questo caso si parla di deflazione (per l’appunto, l’opposto dell’inflazione).
Concludendo: se la moneta in circolazione supera il valore delle merci in vendita, i prezzi aumentano. È una legge naturale. A ragionarci bene, si capisce subito che c’è qualcosa di sbagliato: la merce viene venduta a un prezzo che non sarebbe il suo originario. Di conseguenza, la moneta in più (i 10 € portati dai dieci clienti in più) non serve a niente, è inutile.
Alcune considerazioni – I guai dell’inflazione
Tralasciamo le analisi più approfondite, perché ci sarebbe da parlare molto sui due esempi visti sopra, che non sono del tutto corretti (può capitare, per esempio, che i pasticcini calino improvvisamente per un certo periodo e che quindi la moneta in circolazione sia largamente di più rispetto al valore delle merci: un fenomeno chiamato stagflazione).
Guardiamo invece l’inflazione (primo esempio). Abbiamo visto che in una settimana il prezzo di ogni pasticcino è aumentato di 0,1 €. Se nelle settimane seguenti arrivassero altri clienti in più, il prezzo aumenterebbe ancora. Ogni pasticcino potrebbe arrivare a costa 1,2 € , 1,3 € o addirittura 2 € (il doppio).
Qual è la conseguenza di tutto questo?
Che chi ha più denaro a disposizione, potrà permettersi di comprare i pasticcini. Chi invece ha poco denaro a disposizione, dovrà rinunciarci (mentre, per esempio, al costo di 1€ erano abbordabili a chiunque).
Abbiamo parlato di pasticcini. Provate a considerare un bene essenziale, come per esempio il pane. Cosa succederebbe se il pane arrivasse a costare il doppio, il triplo o dieci volte tanto il suo valore normale? Non tutti potrebbero permetterselo. Estendetelo ad altri beni essenziali: il bere, l’istruzione, i vestiti, la casa (anche se non tutti la considerano tra i beni “primari”, secondo me a torto)… Avrete uno scenario piuttosto inquietante.
Poi estendetelo a più negozi. Tenete conto che l’inflazione non colpisce mai un’area ristretta (come una cittadina), ma si ripercuote in genere in un’intera nazione e, a causa della globalizzazione, va spesso a intaccare anche nazioni esterne.
Questo è uno dei motivi (ridotto all’osso) per cui l’inflazione è tanto temuta.
Un approfondimento
Naturalmente, come ho detto prima, è un esempio estremamente semplicistico e non del tutto corretto. Il problema non è così semplice e dipende da tanti altri fattori. Gli economisti si sono accorti che in realtà l’inflazione non dipende soltanto dalla quantità di moneta che viene immessa in circolazione, ma anche da come questa moneta viene usata.
Nell’esempio visto sopra, in realtà il pasticcino potrebbe non arrivare mai a costare il doppio: i clienti semplicemente potrebbero decidere di non comprarlo più a causa dell’aumento. Il proprietario sarebbe costretto a riabbassare il prezzo. Scenari simili sono più complicati con i beni primari (e infatti esistono leggi di tutela sui tipi di beni e servizi essenziali).
Oppure, dopo i primi aumenti, il proprietario si sarà messo da parte un gruzzolo, che potrebbe usare per comprare macchine efficienti. Il costo per produrre i pasticcini scenderebbe, di conseguenza potrebbe permettersi di abbassare i prezzi della merce (attirando più clientela).
Gli esempi sono tanti. La definizione data di inflazione a inizio articolo, infatti, non è del tutto corretta. Sarebbe più esatto parlare di inflazione quando «se aumenta la domanda di acquisto, e quindi la quantità di moneta in circolazione, l’imprenditore non riesce a produrre abbastanza beni per coprire tutta la richiesta»: di conseguenza la merce diventa più rara e il suo prezzo aumenterà.
L’inflazione è davvero pericolosa?
Se la moneta in circolazione è tanta (e quindi c’è inflazione), si potrebbe pensare che sia sufficiente che lo Stato tolga la moneta in eccesso. Non è così. Per cause che esulano dallo scopo di questo articolo, si creerebbe una serie di squilibri che porterebbero più danni che benefici.
Quindi il problema dell’inflazione non è semplice da risolvere: meglio prevenire che curare. E, a dirla tutta, spesso il problema dell’inflazione viene ingigantito (creando tra l’altro il panico), dimenticando che il vero errore si ha quando i beni e i servizi non sono distribuiti come dovrebbero. Addirittura, un po’ di inflazione è persino benefica, perché la moneta in più dà maggiori garanzie che tutti i beni prodotti vengano venduti (e non lasciati a marcire da parte). La deflazione – cioè meno moneta in circolazione rispetto ai beni – è molto più pericolosa.
Teniamo conto di un fattore base: tutto si basa su quanto il cliente può spendere. Se il suo stipendio è buono, potrà comprare più beni, rendendo le aziende più prolifiche. Un fattore quindi da tenere presente è che il lavoro dipendente deve essere sempre premiato: è la base del consumo (a cui si affianca la solidità dell’azienda). In questi tempi, invece, si è valorizzata parecchio la produzione a discapito del lavoro. La conseguenza è che il lavoratore compra di meno e, come ulteriore conseguenza, le aziende si ritroveranno a fare i conti con prodotti invenduti.
La macchina economica, in gran parte dei casi, viene resa inutilmente molto più complicata di come dovrebbe essere. Quello che ne esce sono solo dati, che non guardano la situazione sotto la superficie, cioè quello che sta dietro la produzione di un prodotto. I dati non bastano. E gli effetti ce li abbiamo sotto gli occhi.