Introduzione
Navigando nel vasto oceano del web, mi sono ritrovato tra le mani un mini-racconto scritto da un anonimo e riportato da Mac Davis per il catalogo di lettura del sito Philosophy Circle.
Inizialmente lo credevo una delle solite letture filosofiche che hanno pretese e che in realtà non portano da nessuna parte, se non all’interno di un circolo vizioso. Proseguendo nel testo, però, mi sono accorto che è qualcosa di innovativo, diverso dai soliti racconti e dalla solita idea religiosa. Nascosti tra le righe, alcuni di voi potrebbero trovarvi dei significati inaspettati, a secondo del punto di vista da cui li si guarda.
Il testo è in inglese e vi trascrivo quindi la sua traduzione.
Traduzione in italiano
Stavi tornando a casa quando moristi.
Fu dovuto a un incidente automobilistico. Niente di particolarmente eccezionale, ciò nonostante si trattò di un evento mortale. Lasciasti una moglie e due figli. Fu una morte indolore. I medici fecero del loro meglio per salvarti la vita, ma si trattò di un tentativo inutile. Il tuo corpo era così malridotto che fu meglio non essere rianimato, credimi.
E fu allora che mi incontrai.
« Cosa… cosa è successo? » mi domandasti. « Dove sono? ».
« Sei morto » dissi. Un dato di fatto. Niente parole per girarci intorno.
« Era un… un camion e sono uscito di strada… ».
« Già » dissi.
« Sono… sono morto? ».
« Già. Ma non deprimirti per questo. Tutti muoiono » affermai.
Ti guardasti attorno. Non c’era niente. Solo tu e io. « Cos’è questo posto? » mi chiedesti. « E’ l’aldilà? ».
« Più o meno » risposi.
« Sei dio? » domandasti.
« Già » replicai. « Sono Dio ».
« I miei figli… mia moglie » dicesti.
« Cosa? ».
« Staranno bene? ».
« Questo è quello che mi piace vedere » dissi. « Sei appena morto e la prima preoccupazione è verso la tua famiglia. Un’ottima cosa ».
Mi guardasti affascinato. Dal tuo punto di vista, io non avevo l’aspetto di Dio. Sembravo soltanto un uomo. Una figura vagamente autoritaria. Potente più o meno come un insegnante scolastico di grammatica.
« Non preoccuparti » lo rassicurai. « Stanno tutti bene. I tuoi figli ti ricorderanno sempre come se fossi un padre perfetto. Non hanno avuto il tempo di crescere disprezzandoti. Tua moglie piangerà a lungo, ma sarà segretamente sollevata. A dirla tutta, il tuo matrimonio stava cadendo a pezzi. Se ti è di qualche consolazione, si sentirà molto in colpa per il fatto di sentirsi sollevata ».
« Oh » esclamasti. « E quindi adesso cosa succede? Andrò in paradiso o all’inferno o cosa? ».
« Nessuna delle tre » dissi. « Sarai reincarnato ».
« Ah » dicesti. « Così gli induisti erano nel giusto ».
« Tutte le religioni sono giuste nel loro modo di essere » spiegai. « Cammina con me ».
Mi seguisti a lungo nel nostro vagabondare nel nulla. « Dove stiamo andando? ».
« Da nessuna parte in particolare » dissi. « Mi piace soltanto camminare mentre parliamo ».
« Quindi qual è il punto? » chiedesti. « Quando sarò rinato, sarò una lavagna vuota, giusto? Un neonato. Per cui tutta la mia esperienza e qualsiasi cosa abbia fatto in vita non hanno nessuna importanza? ».
« Non dirlo! » dissi. « Al tuo interno hai tutta la conoscenza e l’esperienza di tutte le tue vite passate. Soltanto che adesso non le ricordi ».
Smisi di camminare e ti presi per le spalle. « La tua anima è più magnifica, bella e immensa di quanto tu possa immaginare. La mente umana può contenere solo una minuscola frazione di quello che sei. È come infilare un dito in un bicchiere d’acqua per vedere se è calda o fredda. Tu metti una minuscola parte di te stesso nel vascello, e quando lo riporterai indietro, avrai tutta l’esperienza racchiusa al suo interno.
« Sei stato un umano per gli ultimi 34 anni, così non puoi estenderti e sentire il resto della sua immensa coscienza. Se rimanessi qui per lungo tempo, inizieresti a ricordare ogni cosa. Ma non avrebbe senso farlo tra una vita e l’altra ».« Quante volte mi sono reincarnato? ».
« Oh, molte. Più e più volte. E in numerose diverse forme di vita » dissi. « Questa volta ti reincarnerai come una contadina cinese del 540 a.C. ».
« Aspetta, cosa? » balbettasti. « Mi riporterai indietro nel tempo? ».
« Bè, tecnicamente. Il tempo, come sai, esiste solo nel tuo universo. Le cose sono diverse da dove vengo ».
« Da dove vieni? » indagasti.
« Oh, certo! » spiegai. « Vengo da qualche parte. Da qualche altra parte. E ce ne sono altri come me. So che vorresti sapere cosa significa tutto questo, ma onestamente non riusciresti a capire ».
« Oh » sospirasti, un po’ abbattuto. « Ma aspetta, se mi reincarno in altri posti lontani nel tempo, potrei interagire con me stesso prima o poi, giusto? ».
« Certo. Succede tutte le volte. Ma visto che le vite sono coscienti solo di se stesse, non avete possibilità di accorgervene ».
« Quindi qual è il punto di tutto questo? ».
« Sei serio? » chiesi. « Davvero? Mi stai chiedendo il significato della vita? Non è una domanda un po’ stereotipata? ».
« Bè, è una domanda ragionevole » persistetti.
Ti fissai negli occhi. « Il significato della vita, la ragione per cui ho creato l’intero universo, è perché tu possa maturare ».
« Intendi l’umanità? Vuoi che maturiamo? ».
« No. Solo te. Ho creato questo universo per te soltanto. Con ogni nuova vita tu cresci e maturi, diventando una mente più grande ed estesa ».
« Solo me? E tutti gli altri? ».
« Non c’è nessun altro » dissi. « In questo universo, ci siamo solo tu e io ».
Mi fissasti con sguardo lontano. « Ma tutte le persone sulla Terra… ».
« Sono tutte te. Diverse reincarnazioni di te ».
« Aspetta. Io sono ognuno di loro? ».
« Adesso cominci a capire » dissi, congratulandomi con te con uno schiaffo sul di dietro.
« Io sono tutti gli esseri umani che abbiano mai vissuto? ».
« O che vivranno mai, sì ».
« Sono Abraham Lincoln? ».
« E sei John Wilkes Booth » aggiunsi.
« Sono Hitler? » dicesti, impallidendo.
« E sei le milioni di persone che lui uccise ».
« Sono Gesù? ».
« E ognuno dei suoi seguaci ».
Cadesti nel silenzio.
« Ogni volta che hai fatto del male a qualcuno, » dissi « hai fatto del male a te stesso. Ogni azione di qualsiasi tipo che hai fatto, l’hai fatta a te stesso. Ogni momento felice e triste che ha formato l’esperienza di qualsiasi umano, o che la formerà, è l’esperienza che ti sei fatto ».
« Perché? » mi chiedesti. « Perché tutto questo? ».
« Perché un giorno tu diventerai come me. Perché è quello che sei. Tu sei una mia parte. Sei mio figlio ».
« Wow » esclamasti, incredulo. « Significa che sono un dio? ».
« No. Non ancora. Sei un feto. Stai ancora crescendo. Una volta che avrai vissuto ogni singola vita umana di ogni tempo possibile, sarai cresciuto abbastanza per poter nascere ».
« Così l’intero universo, » dicesti « è solo… ».
« Una sorta di uovo » risposi. « Adesso è tempo di muoverti verso la tua prossima vita ».
E ti guidai verso il tuo cammino.