(se vuoi leggere tutti gli articoli pubblicati sull’argomento “Natale” segui questo link)
Introduzione
Chiamatelo Babbo Natale, Nonno Gelo, Santa Claus o con il suo nome originario di Saint Nicholas (San Nicola). Immaginatevelo vestito di rosso, di azzurro o di verde. Oppure, se siete puntigliosi, pensatelo come il protagonista storico della vicenda, San Nicola di Bari, vescovo di Myra (che, come ho spiegato in un altro articolo, è il personaggio reale a cui si ispira la figura di Babbo Natale).
È indubbio che il paffuto signore dalla barba bianca sia il protagonista indiscusso nel periodo natalizio. Se non ci fosse lui, la vigilia di Natale perderebbe gran parte del suo fascino “magico”. Ma a St. Nicholas ci sono numerose figure che fanno da contorno, alcune largamente conosciute – come le immancabili renne – e altre un po’ meno note, come “Peter il Nero”.
Wikipedia cita numerosi esempi di aiutanti di Babbo Natale, che spesso si ripetono nei vari Paesi con nomi diversi:
– Krampus in Austria, Baviera, Croazia, Slovenia, Friuli, Ungheria
– Klaubauf in Bavaria, Austria
– Bartel in Stiria
– Pelzebock, Pelznickel, Belzeniggl o Belsnickel in Pennsylvania
– Schmutzli in Svizzera
– Buzebergt ad Augusta
– Cert (Diavolo) e Anděl (Angelo) nella Reppublica Ceca
– e ancora Rumpelklas, Bellzebub, Hans Muff, Drapp
Vediamone alcuni tra i più conosciuti, a cui si rifanno spesso quelli elencati qui sopra.
Le renne volanti che trainano la slitta
Partiamo dalle renne. Una creatura tanto esotica e così diversa dai soliti animali trainante è dovuta a due questioni principali: innanzitutto, il luogo freddo tipico del periodo, che richiede necessariamente una “figura” a tema, capace di resistere sotto la neve invernale; in secondo luogo, il bisogno di un animale “aggraziato” e abbastanza robusto da trasportare un carro carico di doni.
Ecco quindi che le renne sono senz’altro il candidato più valido: belle da vedere grazie alle loro corna, fiere, e più adatte al trasporto di altri animali tipici delle steppe. Non che ci sia bisogno di grande forza: la tradizione spiega che, grazie alla magia, la slitta di Babbo Natale è in grado di spiccare il volo e di diminuire notevolmente il suo peso, per cui le renne hanno soltanto il compito di trascinare il carico alla velocità di un battito di ciglia.
E che dire del sesso delle renne? Se qualcuno si fosse posto dei dubbi, la scienza ce li scioglie immediatamente: i maschi perdono le corna durante il periodo invernale, per cui le renne di Santa Claus devono essere per forza tutte femmine. Teniamo conto, però, che stiamo entrando nel campo del mito e della leggenda, dove scienza e magia cozza non poco tra loro.
Il nome delle renne
Una questione più facile da definire è il nome delle otto renne che trainano la slitta. Ce li fornisce la famosa poesia A Visit form St. Nicholas, che tra l’altro attribuì a Babbo Natale l’aspetto che conosciamo oggi:
Dasher (in italiano «Aggraziato»)
Dancer («Danzatore», letteralmente «Colei che balla»)
Prancer («Guizzante», letteralmente «Colei che saltella»)
Vixen («Volpe»)
Comet («Cometa»)
Cupid («Cupido»)
Donner (dal tedesco «Tuono», inizialmente chiamato Dunder e quindi Donder)
Blitzen (dal detesco «Lampo»)
C’è anche un accenno a una nona renna, di nome Rudolph, rappresentata con l’inconfondibile grosso naso rosso. Fu un’invenzione della catena commerciale Montgomery Ward, risalente al 1939. Secondo il suo “inventore”, Rudolph fu accolto da Babbo Natale nonostante il suo difetto del grosso naso. Una sorta di brutto anatraccolo trasformato in cigno.
I 13 folletti islandesi
In islandese si chiamano jólasveinar, ovvero «i giovani (o amici) del Natale», e sono rappresentati in genere in numero di 13, con l’aspetto simile a folletti o a piccoli orchi vestiti da contadini. La tradizione dell’Islanda vuole che, a partire dal 12 dicembre, uno dopo l’altro scendano dai monti per combinare scherzi agli abitanti, fino a quando l’ultimo di loro non li abbandona il 6 di gennaio dell’anno seguente.
Il classico opposto tra bene e male del periodo natalizio si ritrova in queste creature. In origine erano, infatti, esseri nati per spaventare (erano figli di Grýla e Leppalúði, due divoratori di bambini). In seguito sono diventati più benevoli, al punto che sono andati a sostituire in parte la figura di Babbo Natale: i bambini lasciano fuori le scarpe sperando che i jólasveinar portino loro dei doni (in genere dolcetti).
In sostanza, 13 doni, uno per ogni giorno delle due settimane che precedono il Natale.
I nomi dei tredici folletti: Stekkjastaur, Giljagaur, Stúfur, Þvörusleikir, Pottaskefill, Askasleikir, Hurðaskellir, Skyrjarmur, Bjúgnakrækir, Gluggagægir, Gáttaþefur, Ketkrókur e Kertasníkir.
Su Wikipedia trovate l’elenco di tutti i folletti islandesi con i loro nomi, la tradizionale data di arrivo e di partenza e il carattere che li distingue.
I Krampus della Germania
Sicuramente più malvagi sono i Krampus, piccoli diavoletti che ogni anno, durante la festa di San Nicolò del 5 dicembre, seguono Babbo Natale (in Italia la sfilata la si può trovare principalmente in Trentino e in Friuli; nella foto sopra potete vedere una scena suggestiva che si è tenuta a Dobbiaco).
I Krampus (Krampa, se femmine) sono uomini-capra – un richiamo al perverso dio Pan – che vagano nelle strade alla ricerca di bambini cattivi da tormentare. Tradizionalmente, gli uomini sfilano con maschere orribili e diaboliche, facendo rumore con corni e campanacci. Se all’uomo, per qualche motivo, venisse tolta la maschera, su di lui ricadrebbe l’onta del disonore.
La tradizione ha un sottofondo religioso, naturalmente. Si narra che un tempo i giovani scendessero con pelli e corna di animali addosso per terrorizzare e derubare i paesani. Un giorno s’accorsero, però, che tra loro c’era un infiltrato: il diavolo dall’aspetto di caprone. Fu il vescovo Nicolò, richiamato, a scacciare il nemico. Da quel momento, i giovani usarono i loro travestimenti per uno scopo opposto, ovvero portare doni e punire i bambini cattivi.
Maggiori informazioni potete trovarle sulla scheda dei Krampus dedicata su Wikipedia. Trovate anche un elenco delle città in cui si svolgono manifestazioni a loro dedicate.
Pietro il Nero
Infine, vale la pena di citare Zwarte Piet («Pietro il Moro», che potremmo associare all’italiano “Uomo Nero”). Questa volta si tratta di un personaggio dalla doppia faccia, appartenente alla tradizione dei Paesi Bassi e del Belgio. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, Pietro il Nero aiuta San Nicola a portare i doni.
La figura di Zwarte Piet suscita qualche polemica razzista, visto che tipicamente è rappresentato come un servo moresco dal carattere piuttosto stupido e bambinesco. In ogni caso, la sua funzione è essenziale: distribuisce dolci passando di camino in camino, ma non esita a portarsi in Spagna (il suo paese natale) qualsiasi bambino che si sia dimostrato malvagio.
Vi ricorda il diavolo? Senz’altro, come lo ricordano un po’ tutti gli aiutanti di Babbo Natale (renne escluse). Anche in questo caso, trovate informazioni dettagliate sulla scheda di Pietro il Moro in Wikipedia.