Una volta il Monte Triglav, in Slovenia, non era come lo conosciamo. La selvaggia Valle dei Laghi, nel cuore del parco nazionale, non esisteva. E dove il ricordo si perde, inizia la leggenda.
Zlatorog, il camoscio dalle corna d’oro, appare per la prima volta nel 1868 sulla Gazzetta di Lubiana (in lingua originale Laibacher Zeitung). È un periodo in cui gli ideali romantici infervorano i petti degli sloveni e non c’è da meravigliarsi se sui testi compaiono racconti di spessore che riguardano quella magnifica nazione che è la Slovenia.
Tra valli incantate, fate bianche e tesori nascosti
La leggenda racconta che un tempo la valle era uno splendido giardino, dove Zlatorog era solito scorrazzare in compagnia delle Signore Bianche, delle fate benevoli (o comunque delle ragazze vergini) il cui compito era di mantenere rigogliosa la zona e aiutare gli abitanti quando ne avevano bisogno.
Poco lontano, nella Valle del Soča la figlia di un locandiere aveva ricevuto dei gioielli come dono da un ricco mercante di Venezia. Però la figlia aveva un altro pretendente: un cacciatore di grande esperienza ma molto povero. Il cacciatore non poteva competere con il dono del ricco mercante, per cui la madre della ragazza gli chiese in cambio di recuperare l’oro di Zlatorog, custodito sotto il Monte Bogatin e protetto da un serpente con molte teste.
Vi sembra una prova crudele? Pur di ottenere la mano della ragazza, il cacciatore non esitò a tentare l’impresa. Per onor di cronaca precisiamo che la madre gli concesse un’alternativa: recuperare un mazzo di rose del Triglav (le cinquefoglie) in pieno inverno. Un’impresa impossibile, per cui in effetti il cacciatore non ebbe molta scelta.
La caccia e l’ira del camoscio dalle corna d’oro
Il cacciatore scalò il Triglav in inverno e ritrovò le tracce di Zlatorog. Da lontano, prese la mira e sparò, colpendo il camoscio in pieno.
Ed ecco fare breccia la magia. Il sangue della ferita di Zlatorog sciolse la neve e subito crebbe una rosa guaritrice. Il camoscio mangiò qualche petalo e la sua ferita si richiuse, permettendogli la fuga.
Zlatorog corse verso la cima e a ogni sua zoccolata portava alla nascita di una nuova rosa, che il cacciatore seguiva prontamente. Durante l’inseguimento, però, spuntò l’alba. La luce del Sole andò a rimbalzare sulle corna dorate del camoscio e il cacciatore si ritrovò abbagliato. Cieco, il giovane barcollò e finì per precipitare nella gola.
A Zlatorog non bastò la morte del cacciatore. Era furioso per la ferita e per come era stato trattato. Spinto dall’ira, cominciò a devastare la Valle dei Laghi, fino a ridurla all’ammasso di nuda pietra che compone oggi quella zona del Triglav. Dopodiché, sia Zlatorog che le Signore Bianche decisero di abbandonare la terra che per secoli avevano protetto e di lasciarla in mano agli uomini.
Che ne fu della figlia del locandiere? La ragazza aspettò il ritorno del cacciatore fino a primavera. Allora il caldo sciolse le nevi e il Soča le portò il corpo del giovane amato, che ancora stringeva la rosa in mano.