Cos’è il COP21?
Dal 30 novembre al 12 dicembre 2015, a Parigi, si è tenuto il COP21, cioè la ventunesima Conferenza delle Parti (Conference of the Parties).
Lo scopo di queste riunioni annuali, mediate dall’ONU e che coinvolgo gran parte delle Nazioni mondiali che hanno maggiore influenza, è di trovare un accordo universale per ridurre il cambiamento climatico incontrollato, ormai diventato un problema sul limite del “non-ritorno”.
Dopo 21 anni di riunioni, per la prima volta, l’accordo ha trovato il consenso di tutti i 196 partecipanti. L’accordo di Parigi (questo il suo nome ufficiale) è un documento di 12 pagine e tra il 22 aprile 2016 e il 21 aprile 2017 dovrà essere fisicamente firmato dalle Nazioni. Diventerà così giuridicamente vincolante: ovvero, le Nazioni non potranno più sottrarsi ai punti presenti nel trattato e dovranno subito metterlo in atto.
Per la precisione, l’accordo sarà approvato se sarà firmato dai Paesi che, insieme, emettono il 55% delle emissioni globali di gas serra.
Di seguito trovate due video in lingua italiana di Adrian Fartade in cui spiega cos’è il summit di Parigi e di cosa tratta l’accordo, in modo semplice e con un pizzico di ironia (se avete tempo soltanto per un video, guardate il secondo). Subito sotto, facciamo un breve riassunto scritto dei punti principali.
Su One Mind trovate altri articoli di approfondimento a tema, per esempio se vi interessa capire cosa succederebbe alla Terra in caso di aumento della temperatura da 1 a 6 gradi o se vi interessa vedere come apparirebbero le città sommerse in caso di aumento del livello del mare: tutti effetti che si potrebbero verificare in futuro, se non riduciamo radicalmente le emissioni di gas serra.
L’accordo è molto esteso, per cui approfondire richiederebbe una lunga discussione sui cambiamenti climatici e sulle possibili risoluzioni: qua ci limitiamo alle basi. Potete approfondire il tema con delle semplici ricerche su internet e sui social usando l’hashtag #cop21.
I video sull’accordo di Parigi e sulle sue considerazioni
Introduzione al COP21 – Il Summit di Parigi sul Clima (durata: 24′)
COP21 – Considerazioni sull’Accordo Climatico di Parigi (durata: 24′)
I punti dell’accordo: scopo e dati a favore
Ma quali sono i punti di questo accordo? Sono davvero utili e definitivi per impedire all’ambiente di collassare? La domanda non è banale perché, visti i risultati passati, la prima cosa che ci salta alla testa è che sia l’ennesima conferenza senza sbocco.
L’obiettivo principale è di impedire che la Terra si surriscaldi di 2°C rispetto ai valori che esistevano prima delle industrie. Ancora meglio, le Nazioni cercheranno di contenere il riscaldamento entro 1,5°C. Questo risultato richiederà uno sforzo non indifferente e si stima che possa essere raggiunto soltanto arrivando a «emissioni zero» di gas serra tra il 2030 e il 2050 (anche se secondo alcune critiche sarebbe già troppo tardi).
Cosa ci fa sperare che il summit di Parigi porterà a dei risultati?
Per prima cosa, la Cina e gli USA hanno raggiunto un accordo comune, quando nei precedenti summit il loro diverbio si era concluso con un niente di fatto. In secondo luogo, gli Emirati Arabi hanno iniziato effettivamente a cercare di ridurre l’uso di combustibili dannosi (che l’abbiano fatto per motivi economici o meno, è tutt’altra storia).
Infine, nel summit sono stati coinvolti anche circa 7 mila sindaci, indice che si sta cercando di far partecipare direttamente le singole città e non soltanto la Nazione: sensibilizzare dal basso aiuta a smuovere le alte sfere.
I dubbi sul summit di Parigi
Primo dubbio: le Nazioni che emettono più gas serra sono i Paesi emergenti, quali la Cina, che fondano il loro progresso proprio sull’industria «inquinante». Rispetteranno davvero gli accordi, considerando che significa un grave freno al loro sviluppo? Perché dovrebbero farlo quando, nei decenni prima, gli altri Stati non hanno mai fatto niente per fermare il problema? In particolare, già nel summit ci sono state resistenze da parte di Cile, India e Brasile.
Secondo dubbio: l’accordo di Parigi non sarà vincolante finché «almeno 55 Paesi che producono oltre il 55% dei gas serra non l’avranno ratificato». Quindi, al momento, non si hanno certezze sulla sua realizzazione (anche se le premesse sono buone, visto il consenso unanime dei 196 membri).
Terzo dubbio: una volta che l’accordo diventerà vincolante, ogni Nazione dovrà fissare da sola il proprio obiettivo di riduzione delle emissioni. Se l’obiettivo non sarà rispettato, non ci sarà nessuna conseguenza: si cercherà soltanto di incoraggiare il Paese a rispettare gli obiettivi.
Un accordo del genere getta un po’ di buio all’intera conferenza e potrebbe spiegare perché i 196 Paesi si sono trovati tanto d’accordo: in fin dei conti, non ci sarà nessuna sanzione in caso di fallimento. Come dire che se una Nazione decide a un certo punto di rompere il patto, può benissimo farlo.
Quarto dubbio: nel summit non si fa minimamente cenno agli oceani. Considerando che le acque ricoprono due terzi del pianeta, influenzando di fatto anche i continenti, e che buona parte delle attività delle Nazioni si svolge in mare, si tratta di un grosso buco da trattare che andrebbe affrontato con priorità.
Riassumendo, il summit di Parigi è stato un incontro inutile? Al contrario.
Nonostante i dubbi e le difficoltà, in realtà il trattato è importante sotto vari punti di vista.
Innanzitutto, dimostra che le Nazioni mondiali sono consapevoli del problema e che almeno formalmente sono intenzionati a fare qualcosa per ridurlo. In secondo luogo, se anche i punti non dovessero essere soddisfatti, la conferenza permette di continuare a parlare del problema e di non lasciarlo cadere nella dimenticanza.
Certo, è ben poca consolazione, visto che il surriscaldamento globale sta già dando i suoi frutti negativi. Ma considerando che l’essere umano è per natura egoista e fatica a pensare alle conseguenze future dei suoi gesti, questa conferenza è già un ottimo passo.
Se poi gli obiettivi saranno rispettati, allora potremmo davvero pensare che l’uomo abbia messo la testa a posto e stia iniziando a vedere il pianeta come un unico ecosistema da proteggere. Solo il tempo ce lo saprà dire.