Una tecnologia che popola spesso l’immaginario nella fantascienza è il teletrasporto. Uno strumento capace di prendere un oggetto, scomporlo e ricomporlo nel punto voluto rappresenterebbe una rivoluzione.
Immaginatevi le conseguenze se un’azienda spiegasse di essere riuscita a realizzarlo: niente auto o mezzi pubblici per spostarsi, crollo del mercato del petrolio e del carbone, abbassamento dell’inquinamento, vacanze in posti esotici per tutti. Per andare al lavoro basterebbe alzarsi dieci minuti prima, entrare in una cabina e sedersi alla scrivania. Il nostro tempo libero, l’economia e la società ne sarebbero stravolti, in positivo e in negativo.
Ma è davvero possibile il teletrasporto? È realizzabile in tempi vicini?
Mi sono posto la stessa domanda e la risposta breve a cui sono arrivato è questa: con le conoscenze e i mezzi che abbiamo a disposizione, creare una macchina per teletrasportare una persona è impossibile. Anzi, la sensazione è che non sarà possibile farlo per diversi secoli e forse mai, a meno di scoprire qualche nuova legge fisica.
La delusione è normale, quindi vediamo di capire se la conclusione è effettivamente così brutale o se esiste qualche scappatoia. Ho deciso di scendere nei dettagli, per cui l’articolo sarà un po’ lungo, ma è l’unico modo per spiegare bene alcuni concetti. Se non avete la pazienza di leggere tutto, potete limitarvi a guardare i titoli.
Teletrasporto quantistico e teletrasporto umano
Ho fatto ricerche da varie fonti sull’argomento, scoprendo per esempio che nel 2016 si è riusciti effettivamente a teletrasportare un fotone (la particella che compone la luce). Leggete l’articolo per dettagli, ma riassumendo si specifica di essere riusciti a trasferire l’informazione di un fotone dalla Cina al Canada in modo istantaneo. In pratica, si è teletrasportata l’informazione di un fotone.
La notizia è sensazionale, perché apre strade utili su vari settori, ed è stata confermata con due esperimenti. Infatti Frédéric Grosshans dell’Université Paris-Saclay ha commentato: «Questi due esperimenti combinati dimostrano chiaramente che il teletrasporto su distanze metropolitane e tecnologicamente possibile, e senza dubbio molti esperimenti d’informazione quantistica in futuro potranno basarsi su questi lavori».
È tempo di esultare, quindi, il teletrasporto è vicino? È tempo di organizzarci e di pensare a quale luogo dei Caraibi visitare il venerdì sera?
Ovviamente, no, altrimenti sui giornali sarebbero già usciti titoli a caratteri cubitali. L’esperimento visto sopra coinvolge un fenomeno della fisica quantistica chiamato «entanglement». Non si tratta di un teletrasporto vero e proprio, ma di scambio di informazioni tra due particelle: in pratica cambiando le informazioni del fotone in Cina istantaneamente si sono modifiche le stesse informazioni di un fotone in Canada che era legato al primo (appunto, in entanglement con il primo). E anche se si trattasse di vero teletrasporto, l’entanglement si verifica soltanto a livello di particelle più piccole dell’atomo, per cui non potrebbe essere usato per teletrasportare un oggetto, né tantomeno una persona.
Sull’entanglement non vado oltre, ma se siete interessati trovate informazioni dettagli in un altro articolo: Cos’è la fisica quantistica (in parole semplici).
Niente di fatto, dunque. Altre ricerche sull’argomento sono state per lo più infruttuose, anche se interessanti, perché erano legate a teorie ancora da dimostrare. Per esempio si accennava al fatto che se esistessero universi paralleli, sarebbe possibile muoversi nello spazio-tempo passando da uno all’altro. Non proprio quello che cercavo.
Alla fine, mi è capitato tra le mani il libro “La fisica di Star Trek” che avevo messo da parte da tempo, un ottimo manuale per chi è appassionato di fisica e di fantascienza (ancora di più, immagino, per chi ha seguito la saga di Star Trek, che non ho ancora avuto il piacere di guardare). L’autore ha preso le varie tecnologie della saga e ha cercato di dimostrare quanto sono realistiche. All’interno ho trovato le informazioni chiare che cercavo sul teletrasporto.
I tipi di teletrasporto possibili
Esistono due tipi di teletrasporto possibili:
1. Si copiano le informazioni del soggetto e, usando queste, a destinazione si usa materia “grezza” per fare una copia dell’originale.
2. Si trasferisce effettivamente il soggetto, cioè sia le informazioni che la materia.
Il primo caso è quello con meno problematiche. L’ostacolo principale è distruggere il corpo del soggetto iniziale: infatti mantenere l’originale e la copia causerebbe una serie di difficoltà etiche che non è il caso di approfondire. L’originale va distrutto.
Il secondo caso non crea problemi etici, perché il corpo originale non viene distrutto: viene disgregato e poi ricomposto a destinazione.
Il problema di scomporre il corpo originale
Ci troviamo già in uno dei limiti maggiori: scomporre il corpo originale. Parlando di anatomia, il corpo umano è formato da circa 1028 (1 seguito da 28 zeri) atomi. Per scomporlo dobbiamo separare i legami che uniscono questi atomi.
Avete presente la formula di Einstein più famosa, «E = mc2»? L’equazione ci spiega che scomporre un corpo umano di 50 kg si genererebbe una quantità di energia enorme, pari a mille megatoni. Teniamo presente che le bombe all’idrogeno emanano energie di qualche megatone. Un’energia simile deve essere assolutamente contenuta, se non si vogliono provocare disastri.
Abbiamo il problema anche nel senso opposto, cioè nell’energia che serve per iniziare la scomposizione. Per rompere i legami tra gli atomi bisogna agire al loro interno e questo richiede una quantità di energia enorme. Il teletrasporto però richiede di scomporre l’atomo nelle sue particelle più elementari, a iniziare da protoni e neutroni per finire (forse) ai componenti che tengono uniti questi ultimi, i quark. Il legame tra protoni e neutroni è milioni di volte più forte di quello che unisce gli atomi, quindi l’energia richiesta è straordinaria. Se poi cerchiamo di separare i quark tra loro, al momento l’idea è che richieda una quantità di energia infinita (e quindi infattibile).
Una soluzione per diminuire l’energia necessaria a rompere questi legami è aumentare la temperatura dell’ambiente. Le teorie fisiche ci dicono che se scaldiamo l’ambiente fino a portarlo a una temperatura di 1000 miliardi di gradi, persino i quark perderebbero i legami tra loro. Ancora meglio, la materia si disgregherebbe diventando radiazione, cosa utilissima per il nostro teletrasporto.
Il fatto è che “mille miliardi di gradi” corrisponde a un milione di volte la temperatura interna del Sole. Per raggiungere un valore simile mentre stiamo scomponendo un corpo umano, serve qualcosa come 100 bombe all’idrogeno di un megatone.
In ogni caso, anche restando a livello atomico, separare due atomi tra loro non è certo uno scherzo.
Il problema dell’energia richiesta per inviare la materia
Altro problema legato all’energia: far viaggiare la materia scomposta a velocità vicine a quelle della luce (il teletrasporto è quasi istantaneo). Spingere protoni e neutroni a velocità-luce richiede un’energia dieci volte superiore a quella richiesta per scomporre i protoni in quark.
Il problema di memorizzare le informazioni per ricomporre la materia
Un ostacolo da superare è il supporto su cui memorizzare le informazioni. Una volta scomposto il corpo, dobbiamo sapere esattamente come erano posizionati i suoi atomi prima di ricomporlo a destinazione. Tra le varie informazioni dobbiamo immagazzinare da qualche parte le tre coordinate spaziali, i livelli di energia degli elettroni, il legame con un altro atomo, ecc. E questo per ogni singolo atomo.
Come dicevamo il corpo umano è fatto da 1028 atomi e quindi si stima che debbano essere spediti almeno 1028 KB (kilobyte, cioè si parla di migliaia di byte) di dati; in realtà, sono senz’altro molti di più considerando che si devono salvare anche i legami tra le varie informazioni.
Per capire la quantità enorme che rappresenta questo valore, prendiamo come esempio un hard-disk di un 1 TB (terabyte, cioè mille miliardi di byte), che è ormai un supporto standard. Il suo spessore è di circa 10 cm. Immaginiamo di mettere le informazioni di un corpo umano in questi dischi e di impilarli uno sopra l’altro.
Avremmo una bella sorpresa: la pila che si creerebbe sarebbe pari a circa 10 mila anni-luce, cioè quasi metà della distanza che separa la Terra dal centro della Via Lattea (pari a circa 26 mila anni luce). Forse le tecnologie future ci permetteranno supporti abbastanza capienti, ma al momento è chiaro che memorizzare questa quantità di dati è assurdo.
Nota: per una stima più accurata e approfondita dei dati digitali da inviare, si veda l’articolo di Falkner presente tra le fonti a fondo pagina (in inglese). Si affronta tra l’altro il problema della sicurezza nell’invio dei dati.
Il problema di recuperare l’informazione per la ricomposizione
Anche ponendo di riuscire a salvare una tale mole di dati, dobbiamo riuscire a spedirla tutta in una volta. Krauss si riferisce alla massima trasmissione di dati nel momento in cui ha scritto il libro, nel 1995, cioè attorno ai 10 GB al secondo. Con questo valore, si impiegherebbe circa 20 volte l’età attuale dell’Universo per trasferire tutti i dati, cioè arrotondiamo a circa 200 miliardi di anni.
La tecnologia di oggi permette velocità maggiori, ma la morale non cambia: la mole di dati è troppo alta per poterla trasferire.
Il problema di indeterminazione di Heisenberg
Entrando un attimo più nel tecnico, c’è una legge legata alla fisica quantistica che non possiamo ignorare: il principio di indeterminazione di Heisenberg. Riassunto, spiega che se cerchiamo di misurare la posizione di un atomo, non possiamo conoscere la sua velocità e quindi dove si troverà il prossimo istante.
Detto in un altro modo, senza sapere sia la posizione che la velocità di un atomo non possiamo teletrasportare il soggetto a destinazione.