Sono passati decenni da quando Kim Eric Drexler coniò il termine di «nanotecnologia» nel suo libro del 1986, che tra l’altro era già stato accennato da Richard Feynman nel 1959. Drexler aveva introdotto per la prima volta il concetto di autoreplicazione.
Dalla teoria alla pratica sono dovuti trascorrere un bel po’ di anni, ma finalmente ci siamo: la nanotecnologia è una realtà. Non è più un concetto legato alla fantascienza, è un termine che identifica una tecnologia che si sta sviluppando nel presente e che promette meraviglie in un futuro molto vicino.
Da appassionato di futurismo e scrittore di libri di fantascienza, è un tema su cui mi informo da anni e sono rimasto piuttosto sorpreso dal salto evolutivo che ha fatto il settore ingegneristico di recente.
Prima di vedere quali (importanti) applicazioni avrà nel nostro futuro e in quello dei nostri figli, e quali rischi potrebbe portare se non viene regolamentata, diamo una breve descrizione.
Cos’è la nanotecnologia
La nanotecnologia è un ramo della scienza che, come dice il nome, si occupa di manipolare la materia su scala molto piccola: un miliardesimo di metro (0,000000001 o detto in altri termini 10^-9). Nel sistema internazionale questa misura minuscola viene indicata con il prefisso «nano». Per essere più precisi, la nanotecnologia include qualsiasi controllo della materia a livello delle molecole e degli atomi.
[se vi interessa sapere quanto è piccolo un atomo rispetto a noi, date un’occhiata a questo articolo]
Tra poco vedremo quali enormi utilità possono avere delle macchine tanto piccole. Qua però vale la pena di accennare a una proprietà che si nota spesso nei libri di fantascienza: l’autoreplicazione. I nanobot possono creare delle proprie copie in modo indipendente, replicandosi e autoriparandosi. Di conseguenza i costi da sostenere sono quelli del primo nanobot: i successivi si creeranno da soli, con costi aggiuntivi sopportabili. Già così potete farvi un’idea delle enormi potenzialità (e anche dei rischi possibili in caso di perdita del controllo).
Una precisazione: alcuni futuristi, come Ray Kurzweil, ipotizzano che in futuro scenderemo ancora oltre e creeremo tecnologie più piccole di un atomo (picotecnologie: parliamo di grandezze sui 10^-12). Kurzweil non è il primo arrivato, lavora nell’informatica da anni e si è concentrato sulle tecnologie che permettono di leggere un testo e di tradurlo a voce; però le sue previsioni si basano su dati statistici e non dà idee dettagliate su come sia possibile ridurre le tecnologie fino a renderle più piccole di un atomo.
Al momento risulta difficile credere di poter scendere tanto in dettaglio nel creare una tecnologia: la dimensione dell’atomo sembra essere il nostro limite attuale.
Materiali resistenti, alimenti artificiali e sicurezza nei controlli
La ricerca di materiali in scala ridottissima permette di sfruttare alcune qualità della materia che non sarebbero state possibili fino a qualche anno fa. Si parla di nanomateriali antigraffio, autopulenti e super-resistenti.
Allo stesso modo, potremo creare degli alimenti artificiali partendo da materiali diversi, più economici e meno inquinanti, con proprietà alimentari più sane.
Sul campo della sicurezza si hanno vantaggio un po’ in tutti i settori. Pensate per esempio a come sarà facile tracciare le banconote e distinguerle da quelle false, grazie a minuscole etichettature interne; oppure immaginate delle videocamere invisibili a registrare gli interni della casa o di una banca.
Medicina: ricostruzione degli organi, diagnosi delle malattie
L’utilità più importante la si nota in campo medico. Le nanotecnologie sono piccole abbastanza per entrare nel corpo umano senza invasività. Una volta all’interno, indirizzati dal loro programma, i nanobot possono diagnosticare le malattie in modo preciso e addirittura ricostruire eventuali parte danneggiate: permettono di produrre tessuti e organi artificiali in linea con il paziente, riducendo o eliminando la crisi per rigetto.
Ancora nel 2006, il MIT aveva iniziato a concentrarsi sulla ricostruzione dei tessuti nervosi danneggiati: in pratica, usando un ponteggio nanotecnologico il tessuto può ritornare al suo stato originale. Una volta che il programma sarà definitivo, le nanotecnologie potranno riparare i tessuti e risolvere patologie gravi che portano alla degenerazione del cervello.
Transumanesimo, la vita (quasi) eterna
Impianti che ridanno la vista ai ciechi o l’udito ai sordi sono già esistenti; esistono persino dei dispositivi che permettono di suonare strumenti musicali attraverso il pensiero. In futuro si potrà arrivare all’impianto di occhi artificiali non per necessità ma perché si desidera avere una visione diversa dello spazio: zoom sui dettagli, allargamento dello spettro magnetico per un’analisi su spettri fuori da quello visibile. I difetti alla vista saranno un ricordo.
Le potenzialità in campo medico sono enormi. Possiamo immaginare un futuro (forse non così lontano) in cui gli esseri umani potranno ricostruire le parti del corpo danneggiate e ringiovanire almeno in parte le loro cellule, ottenendo una vita più sana e più lunga. E se la ricostruzione dovesse diventare molto efficiente, possiamo addirittura spingerci oltre e immaginare di arrivare a una sorta di «transumanesimo»: una vita (teoricamente) eterna, dove il corpo continua a rinnovarsi senza mai invecchiare.
Senza troppo esagerare, c’è la concreta possibilità che un giorno l’essere umano diventi in parte uomo e in parte macchina, e potrebbe avvenire nell’arco di una generazione. Se si scoprisse come il cervello elabora i dati, si potrebbe creare un “ponte” verso l’esterno e permettere di inserire nella mente qualsiasi dato digitale, facendoci imparare in breve una nuova lingua o il capitolo da studiare per l’esame. Naturalmente sarebbe possibile il procedimento inverso: copiare i nostri ricordi e salvarli su un hard disk esterno, magari per poterli recuperare in futuro.
I rischi: terrorismo avanzato e problemi respiratori
Se i vantaggi dell’uso delle nanotecnologie sono innumerevoli, altrettanto lo sono i rischi ed è per questo motivo che alcuni Enti stanno già impostando una regolamentazione preventiva.
Le armi avanzate con cui i poliziotti terrebbero a bada i criminali sarebbero un vero pericolo se finissero in mani sbagliate. Quando la produzione delle nanotecnologie diventerà economica, potremmo avere problemi enormi da affrontare: virus artificiali che si introducono nel corpo umano e si auto-replicano, nuove tossine che darebbero inizio a guerre chimiche difficili da contrastare, “nuvole” (nel tecnico: «utility fog») di nanobot connessi che continuerebbero a cambiare forma guidati da comandi dei terroristi e a creare oggetti pericolosi e imprevisti.
Pensate per esempio se si potesse ricreare la tossina dell’antrace senza nemmeno avere tra le mani il Bacillus Anthracis, ricostruendo le sue molecole da zero.
E cosa dire dei controlli mentali? La mente è un insieme di chimica e di impulsi elettrici: se qualcuno inserisse un nanochip al posto giusto, potrebbe inviare impulsi dall’esterno e spingere una persona a comportarsi in una certa maniera. Una specie di controllo mentale a distanza.
Ci sono poi problemi di natura poco chiara. Non sappiamo ancora di preciso se inalare le nanoparticelle potrebbe provocare un danno all’organismo e più di preciso ai polmoni; non abbiamo dati a sufficienza per scoprirlo e alcune ricerche preoccupanti (portate avanti anche da Greenpeace) suggeriscono che i nanotubi aspirati possano aggregarsi fino a ostruire i bronchi.
I problemi della privacy e delle differenze sociali
La privacy è un altro problema spinoso. Già oggigiorno viene poco rispettate, perché il web ha creato dei presupposti che impediscono i controlli completi; con le nanotecnologie si corre il rischio molto concreto di essere spiati senza saperlo. La legge potrebbe obbligarci a scansioni frequenti quando si accede in alcune zone e a lasciare giù i nostri dati sensibili.
Se credete che sia un’esagerazione, sappiate che già oggi esistono tecnologie (RFID, «Radio Frequency Identification») che controllano se abbiamo il biglietto valido nei trasporti e nelle biglietterie: sono più piccoli di un decimo di millimetro, invisibili; le nanotecnologie sarebbero ancora più piccole.
Il controllo, che sarebbe fatto principalmente per la sicurezza nostra e della comunità, avrebbe il rovescio della medaglia di portare a fuga di notizie inaspettate e allo spionaggio industriale. L’identità personale sarà più difficile da proteggere e ci sarà il rischio di una “replica perfetta” per scopi poco leciti.
Ma la questione più grande da affrontare sarà la disparità tra ricchi e poveri: i primi avranno accesso alle nanotecnologie più avanzate, i secondi forse nemmeno alle più basilari. Di conseguenze si formerebbero due gruppi distinti, in cui persone virtualmente perfette e (quasi) immortali si troverebbero a guardare dall’alto al basso i poveri, relegati nella scala sociale, politica ed economica. Inutile negarlo: ci basta guardarci attorno per capire che è una realtà già presente, dove sono le Nazioni più ricche a dettare legge.
Conclusioni
Ho evitato di affrontare alcune questioni ovvie, come l’evoluzione dei computer e i cambiamenti psicologici che si avrebbero. Ho preferito accennare ai rischi senza scendere nei dettagli ed evitare di parlare di alcuni problemi più catastrofici (i nanomateriali al momento rendono difficile gestire i rischi di esplosioni o di malfunzionamento elettrico).; una trattazione completa avrebbe richiesto un articolo molto più lungo.
Sappiamo bene che il progresso non si ferma e non retrocede mai: avanza soltanto. Ecco perché non possiamo mettere la testa nella sabbia oppure urlare al mondo intero che le nanotecnologie dovrebbero essere debellate. La loro utilità è indubbia. Quello che si deve fare, al contrario, è trovare un punto d’incontro: una regolamentazione per ridurre i rischi al minimo e permettere ai lati (estremamente) utili delle nanotecnologie di migliorarci la vita.
Gli Enti si sono già messi in moto in tal senso, lo potete leggere nelle fonti in fondo a questo articolo. A mio avviso però è un campo che molti stanno ignorando volutamente, dimenticando che ormai ci siamo dentro fino al collo. Il futuro non è più lontano, è giusto dietro l’angolo.
È il caso di ricordarlo e di agire di conseguenza.