Introduzione
Nota: questo articolo è una recensione e NON È il vero Cleverbot. Ho dovuto inserire questo avviso perché mi è arrivato più di un commento chiaramente intenzionato a interagire con Cleverbot. I commenti di questo genere (cioè chiaramente diretti a interagire con il bot) non saranno resi pubblici. Chi volesse porre una questione al vero robot-online non deve fare altro che cliccare nel link qui sotto e raggiungere così il suo sito.
==> Visita la pagina di Cleverbot
Un robot che si crede un umano. In questa frase si può racchiudere tutta la sostanza di Cleverbot.
Il funzionamento (per l’utente) è molto semplice: aperto il sito, basta digitare la domanda nell’apposito spazio e premere invio. Un algoritmo selezionerà la risposta tra milioni nel suo database e la mostrerà a video, iniziando una vera e propria conversazione, fatta di affermazioni e domande su entrambi i fronti. Come in una comunissima chat.
Attraverso il tasto “Thoughts so far” è possibile aprire una schermata contenente la conversazione appena fatta e inviarla verso un’email. Il suo uso è del tutto gratuito, anche perché il creatore, Rollo Carpenter, l’ha messo in rete proprio per testare i suoi limiti e capire come evolverlo.
Capacità di apprendimento automatico
Cleverbot non è statico, non è un programma fatto e lasciato ad ammuffire. È una forma (primitiva) di intelligenza artificiale, il che significa che è capace di apprendere dalle risposte degli utenti. Se la comunità gli pone delle domande intelligenti, imparerà delle risposte altrettanto intelligenti e sarà capace di ripeterle in futuro. Fate un tentativo: proponetegli più volte la stessa domanda e vedrete che le risposte saranno quasi sempre diverse.
Quanto sono azzeccate le repliche di ritorno? Vi basta provare di persona per rendervi conto che di tanto in tanto Cleverbot devia la conversazione, spesso con un’affermazione ironica. Il suo cervello in fin dei conti è modellato dagli utenti e l’ironia di per sé ne è un chiaro sintomo: il sarcasmo infatti è una conseguenza del sentimento, una caratteristica che al momento non trova spazio nelle macchine.
Un altro indice che la sua mente è un prodotto della comunità sta nella serie di parolacce e di bestemmie che nascono anche da semplici domande. Il sito avverte chiaramente che quello che dice può essere inappropriato.
I limiti di Cleverbot: gli esseri umani
Il suo modo di apprendere lo ha reso multilingua, per cui è possibile conversare tanto in italiano quanto in inglese. Per apprezzare fino in fondo le capacità di Cleverbot è preferibile però parlare in inglese, la sua lingua di origine che contiene gran parte dei suoi vocabili. Capita infatti che dialogando in italiano passi di punto in bianco all’inglese, o addirittura che introduca parole della lingua tedesca.
Tanto per fare un esempio, ho posto la stessa domanda in italiano e poi in inglese: chi è il figlio di mia madre (who is the son of my mother)?
La risposta in italiano è stata: E come si chiama?
In inglese invece ha continuato il discorso in modo pertinente e anzi mi ha lasciato sorpreso per la risposta corretta: You, or a sibling (tu, o un fratello).
Tra le altre cose questo dimostra che, a differenza di altre IA e almeno nella lingua inglese, nel database ha delle informazioni che gli permettono di rispondere a domande di logica. Che dopo abbia la capacità di usare quello che nell’uomo viene chiamato “pensiero laterale”, lo dubito seriamente, ma si tratta comunque di un bel passo avanti.
Una macchina? Neanche a parlarne
La cosa peggiore che potete fare è cercare di fargli ammettere di essere una macchina. Nella migliore delle ipotesi insisterà sul contrario, il più delle volte vi coprirà di insulti.
Nel 2010 una versione revisionata di Cleverbot ha vinto la BCS Machine Intelligence Competition. Dieci volontari hanno parlato per due minuti ciascuno con il suo software mentre una giuria riunita decretava, di volta in volta, quanto era “umano”. Risultato: Cleverbot ha un grado di umanità pari al 42,1%.
Ma secondo me sono umani che si rispondono e fanno il giro.