La storia
Un’arma simbolica
La katana (o uchigatana) era la tipica e più diffusa arma dei samurai, i guerrieri giapponesi che possiamo paragonare (con le dovute differenze culturali) ai nostri cavalieri medievali.
Se la dovessimo descrivere in poche parole, potremmo definirla un’arma letale, dalla lama curva a taglio singolo, capace letteralmente di decapitare un uomo con un solo fendente. Era più leggera degli spadoni medievali – non di molto, contrariamente a quanto si crede: la katana si aggirava attorno al chilo, lo spadone non superava l’1,7 kg. Era molto più tagliente e maneggevole, tanto da permettere l’uso contemporaneo di una katana per ogni mano (una tecnica, questa, consigliata dal famoso Musashi Miyamoto nel suo Libro dei Cinque Anelli).
Le ordinanze del daimyo (signore feudale) Hideyoshi Toyotomi del 1587 e del 1591 proibì a chiunque di portare le armi, a eccezione della classe guerriera. Quindi un samurai lo si poteva riconoscere proprio dal fatto di portare con sé la katana infoderata; oltre a questa, era solito portare la wakizashi (spada corta) e il tanto (coltello). L’uso combinato della katana e della wakizashi era detto daisho.
Il divieto di usare la katana
Questo privilegio del samurai durò fino a metà del 1800, quando l’uso del daisho fu proibito anche alla classe guerriera. Nessuno poteva più portare armi in pubblico. La produzione della katana, per cui, si arrestò improvvisamente dopo secoli di gloria.
La costruzione di spade di buona fattura riprese soltanto dopo la Seconda Guerra mondiale (durante il conflitto, invece, furono prodotte un’enormità di spade di infima qualità, che avevano più che altro lo scopo di aumentare nei soldati il senso di appartenenza alla nazione). Al giorno d’oggi è un’arte estremamente ricercata e profumatamente pagata.
Periodi storici
A livello di storia, possiamo distinguere sette periodi che corrispondono ad altrettanti tipi di spade giapponesi:
Joko-To (dal 645 al 980): sono le progenitrici delle katane, che però avevano ben poco in comune con le nostre conosciute.
Koto (dal 980 al 1600): le katane vere e proprie, prodotte durante i periodi di guerra.
Shinto (dal 1600 al 1867): le spade prodotte in tempo di pace. Avevano più uno scopo visivo che funzionale, per cui erano di qualità minore rispetto alle precedenti.
Shinshinto (dal 1868 al 1912): in questo periodo si cerca di riportare le katane agli albori, rifondendole della qualità originaria.
Gendaito (dal 1912 a oggi): sono una manciata di spade costruite per collezionisti o per abbellire i templi.
Gunto (Seconda Guerra Mondiale): le spade prodotte durante la guerra, come detto sopra, erano di qualità molto bassa.
Shinsakuto (oggi): in genere di grandezza maggiore, sono spade costose proprio per il loro prestigio.
Le leggende giapponesi sulle origini della katana
Il Giappone è estremamente legato alle sue tradizioni e rimanda spesso la sua storia a origini divine. È anche il caso della katana.
Secondo una leggenda, la dea Amaterasu (la personificazione del Sole) diede in dono ai discendenti una collana, uno specchio e una spada. Ancora oggi sono questi gli emblemi del Giappone che riconoscono la sua origine divina. In questo contesto, la spada dei Samurai è vista come un vero e proprio kami, cioè uno spirito (o una divinità) volta sia alla morte che alla salvaguardia delle vite. Forse è questo il motivo per cui era credo dei samurai che l’arma assorbisse l’anima di chi l’aveva posseduta. Più una katana era antica, più era temprata dai guerrieri trascorsi.
Una leggenda più terrena parla di un fabbro chiamato Amakuni, vissunto nel XII secolo d.C. (fatalità periodo in cui fecero la loro comparsa i primi samurai). Le sue spade erano così perfette che erano in grado di rendere invincibili chi le possedeva.
Se cerchiamo oltre la leggenda, è probabile che la katana abbia un’origine cinese, dove la spada era in voga già da tempo. I giapponesi, probabilmente, copiarono l’arma cinese a doppio taglio e la modificarono rendendola a taglio singolo e raffinando il suo uso in battaglia.
Tecnica per forgiare la katana
La costruzione della katana è un processo lungo, particolare e complicato: ecco perché i veri costruttori moderni si possono contare sulla punta delle dita. Come materiale grezzo si usavano alcuni tipi di acciaio (morbido e duro) uniti a carbonio. Questo permetteva di creare una lama resistente ma flessibile. Il blocco di ferro (chiamato tamahagane) si scaldava ad alte temperature e si modellava con il martello, creando fino a 15 ripiegature, che corrispondeva a 32.768 strati (a ogni piegatura si raddoppiava il numero di strati).
Toccava poi definire la forma della katana e quindi indurire il filo attraverso passaggi di riscaldamento e un rapido raffreddamento in acqua. Seguiva la paziente lucidatura con pietre levigatrici e infine la finitura conclusiva con barre d’acciaio.
La katana doveva essere perfetta: efficiente in battaglia, resistente, ma anche bella da vedere. Sulla pagina di wikipedia trovate il procedimento di costruzione completo.
La katana può tagliare un proiettile?
Su internet già da tempo circolano video su come il filo di una katana sia capace di tagliare di netto un proiettile sparato con un’arma da fuoco. Uno dei video è visibile qua sotto (è di bassa qualità, visto che risale ancora al 2007):
Non si tratta di un videomontaggio: la katana è davvero capace di tagliare a metà un proiettile senza subire grossi danni. Come è spiegato in questo dettagliato articolo, il proiettile (soprattutto se surriscaldato) ha una consistenza morbida; per contro, la katana ha un acciaio temprato ma flessibile, per cui assorbe il colpo e nel frattempo è capace di spezzare di netto il morbido proiettile.
Nessuna magia: è semplice fisica. Naturalmente nessun armaiolo vi consiglierebbe di usarla come difesa contro le pallottole, sarebbe assurdo soltanto a pensarci…
Sempre in quell’articolo si parla di una katana moderna realizzata da Howard Clark a partire da un’unica sbarra di acciaio L6. L’acciaio L6 è estremamente resistente: se ben elaborata, una katana fatta di questo materiale può tagliare addirittura un blocco di cemento senza spezzarsi.
Composizione della katana
L’immagine sopra dà un’idea dettagliata di quali parti si compone una katana. Dovrebbe darvi un’idea, tra l’altro, di quanto la lavorazione sia effettivamente complicata e meticolosa. Vediamo nel dettaglio i componenti.
1 – Samegawa o Same: il rivestimento di pelle del tsuka (l’impugnatura), che permette una salda impugnatura
2 – Posizione del menuki (vedi il 10)
3 – Posizione del fuchi (vedi l’11)
4 – Posizione della tsuba
5 – Kurigata: è l’asola fatta di corno, metallo o legno sulla guaina, dentro la quale viene inserito il sageo (vedi l’8)
6 – Saya: il fodero di legno laccato
7 – Posizione del kashira (vedi il 9)
8 – Sageo: il nastro di seta che serve per legare l’arma alla cintura
9 – Kashira: una placca
10 – Menuki: decorazioni rilevate in metallo che si trovano sul samegawa (vedi l’1), al di sotto della fasciatura che avvolge l’impugnatura
11 – Fuchi: anello di metallo con intarsi che si trova tra l’impugnatura e la tsuba (vedi il 12)
12 – Tsuba: disco di metallo arrotondato che delimita l’impugnatura dalla lama. Al centro presenta un foro per il passaggio della lama. Può presentare anche altri due fori laterali, per contenere il kogai (vedi il 14) e la kogatana (vedi il 13). Alcuni tsuba sono così elaborati da avere un valore singolo pari a una intera katana
13 – Kogatana o Kozuka: un coltellino che a volte si fissava nell’ura (parte posteriore della guaina)
14 – Kogai: un coltello molto sottile, un lungo spillo, che era fissato nell’omote (parte esterna della guaina)
15 – Nagako jiri: la punta del codolo (cioè la parte piatta finale della lama; il Nagako è il codolo)
16 – Hitoye: il dorso del codolo
17 – Mekugi-ana: foro per il mekugi, cioè il rivetto di bambù (il rivetto è la congiunzione tra due lamine)
18 – Shinogi-ji: la parte lucida fra il dorso e la nervatura. Può mostrare incisi dei disegni (horimono) o dei caratteri (bonji). A volte vi si trova anche un hi (solco) da entrambi i lati che ha lo scopo di rendere la lama più leggera
19 – Mune: il dorso della lama. Può essere di tipo hikushi (basso), takashi (alto), mitsu (a tre lati), kaku (piatto) o maru (arrotondato)
20 – Shinogi: la nervatura della lama
21 – Mitsukado: è il punto di incontro tra shinogi (vedi il 20), ko-shinogi (vedi il 22) e lo yokote (vedi il 25)
22 – Ko-shinogi: la parte di nervatura che viene subito dopo lo yokote (vedi il 25)
23 – Kissaki: la punta della lama
24 – Fukura: la parte tagliente della punta
25 – Yokote: la lunga nervatura che separa il piatto della lama dalla punta
26 – Hamon: è la linea irregolare che divide la parte della lama non temprata (jihada, vedi il 27) da quella temprata (yakiba, vedi il 28). Per un esperto armaiolo, la forma dell’hamon può rivelare l’epoca o il costruttore della katana
27 – Jihada: parte non temprata della lama
28 – Yakiba: parte temprata della lama
29 – Jigane: il piatto della lama
30 – Habaki: è il pezzo metallico (rame) che mette in comunicazione lama e guaina. Il suo scopo è di proteggere dalla ruggine il punto di attaccatura della lama e di attutire colpi violenti, nonché di bloccare la spada nel fodero
31 – Nakago: il codolo (parte piatta finale della lama)
Fantastico articolo! E fantastica anche la spiegazione fisica del taglio del proiettile 🙂
complimenti!
descrizione accurata e piacevole alla lettura
Grazie 🙂