Introduzione
Faccio subito una premessa. Non sono un economista: anche se ho seguito gli sviluppi dell’economia (italiana e mondiale), non sono nelle condizioni adatte per fare io stesso una previsione. Inoltre, le cause dell’attuale crisi economica sono così complesse e intricate che perfino gli esperti faticano a trovare un punto di riferimento (e, di conseguenza, una risoluzione).
Detto questo, e proprio per i motivi nella premessa, per scrivere l’articolo mi rifaccio esclusivamente a una pagina esterna che ho casualmente trovato navigando in rete, a sua volta ripresa dalle parole di Roberto Scarpinato, il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta. La fonte sembra affidabile, così come le notizie riportate (che ho tentato di confermare con delle ricerche).
Naturalmente ho anch’io le mie idee, non del tutto in linea con la fonte, ma troverete una mia opinione generale solo a fine articolo: si tratta in realtà della mia critica su come l’italiano dovrebbe effettivamente comportarsi vista la situazione. Preferisco riportare i vostri commenti, in particolare se avete esperienza nel settore o se avete link a pagine più approfondite: provvederò ad aggiornare il testo.
Perché questo articolo
Lo scopo di questo articolo è di offrire un punto di inizio per i lettori che ancora si chiedono da dove sia saltata fuori la crisi, quale sia il suo andamento futuro e se ci sono speranze di uscirne. All’interno troverete link e riferimenti esterni per approfondire. Il punto di partenza sarà (purtroppo) la vicina Grecia. Saprete, infatti, che sta versando in condizioni davvero disastrose e che (ancora purtroppo) l’Italia rischia di seguire le sue orme, se non cambia direzione.
Cominciamo con il riportare per brevi punti le cause che hanno portato l’Italia a questo stadio. Vedremo poi, sempre a brevi punti, cosa si è fatto per cercare di arginare il problema. Dopodiché, vi proporrò un video scovato sulla rete: un’intervista ad alcuni popolani della Grecia, che vi danno un’idea (cruda) della difficile situazione in cui versano.
Le cause della crisi economica in Italia
Il direttore del quotidiano Kathimerini, Alexis Paphelas, aveva pronosticato ancora nel giugno 2010 la caduta economica della Grecia. Su quali basi? La democrazia faceva acqua da tutte le parti e la corruzione della classe politica era evidente: di conseguenza il popolo aveva sfiducia nello Stato e non aveva interesse a seguire le leggi (in primis il pagamento delle tasse dovute).
La descrizione vi ricorda l’Italia? Ebbene, forse non si tratta solo di pessimismo. Da noi troviamo una cultura della legalità che è quasi inesistente, un’evasione fiscale alle stelle e una corruzione (politica, e non solo) dilagante. Chi nega, evidentemente non è italiano o a interessi a nasconderlo. Tolto che la crisi economica è partita dall’estero e si è estesa a noi a causa della globalizzazione (che ha i suoi pro e i suoi contro), dobbiamo capire perché l’Italia non riesce a farvi fronte, mentre altri Paesi europei se la stanno cavando egregiamente.
La vera origine della crisi
La domanda da porci è: ma da dove arriva tutta questa illegalità? Vediamo qualche dato:
– la mafia, l’evasione fiscale e la corruzione sono esistiti sin dai primi anni della fondazione dell’Italia. La sola differenza è che in passato avevamo i mezzi e la volontà per contenerla, soprattutto negli anni del boom economico (1950-1970) in cui l’Italia si procurava gli incassi da altri tipi di risorse.
– finito il bel periodo, l’Italia ha dovuto fare i conti con i risultati dell’evasione fiscale che aveva solo contenuto ma non bloccato. Le è ricaduto tutto addosso. Per tenersi in piedi, ha dovuto scendere a compromessi e alzare i prezzi di beni e servizi, causando una perdita del potere di acquisto della lira (il termine tecnico di questa situazione è inflazione: per farla breve, più i prezzi aumentano e più denaro serve per comprare un bene, indice che la moneta “vale meno”).
– da qua è stato tutto un crescendo. È aumentato il debito pubblico, cioè il debito che lo stato ha nei confronti di terzi (popolo, imprese, banche, Stati esteri). In pratica, lo Stato offre obbligazioni o suoi titoli (BOT, BTP, CCT, ecc.) come “promessa” di pagamento futuro: alla scadenza, naturalmente, deve pagare anche gli interessi su quell’importo. Si tratta di un credito che gli altri concedono all’Italia. Anche noi del popolo abbiamo la possibilità di comprare i titoli: in questo modo lo Stato si “indebita” con noi e alla scadenza ci deve risarcire con gli interessi.
– come se non bastasse, scoppiò lo scandalo di Tangentopoli: da un’indagine condotta negli anni ’90 si scoprì un profondo sistema di corruzione in politica che intaccava l’economia italiana. Pensate che coinvolgesse solo i piccoli partiti politici? Al contrario, tirava in campo deputati e senatori, ministri e imprenditori, perfino ex presidenti del Consiglio. E la situazione durava da anni.
– naturalmente tutto questo portava un’evasione fiscale ad alti livelli. Erano in causa sia i politici che le aziende: gli uni ignoravano le illegalità degli altri in cambio di favori. Il sistema mafioso, già vasto, ne ha tratto un grande profitto.
Ecco perché, per esempio, la Germania sta uscendo dalla crisi abbastanza bene. Lì la corruzione e l’evasione non è minimamente ai nostri livelli, per cui può contare su fondi messi da parte.
Nel 2011 il debito pubblico dell’Italia è arrivato a 1890,60 miliardi di euro. Si parla di 120 miliardi non incassati dallo Stato a causa dell’evasione fiscale e di altri 500-700 miliardi che andavano illecitamente all’estero (dove, così, non si dovevano pagare le tasse dovute). L’Italia si ritrova così ad avere un debito immenso e a non poterlo saldare perché non gli entrano i fondi preventivati. È come se voi pagaste a rate un’auto, tenendo conto di ricevere la vostra normale busta paga: ma se a fine mese vi trovaste in busta metà dello stipendio? Riuscireste ancora a saldare le rate o restereste indebitati?
Cosa si è tentato di fare per risolvere la crisi economica
Il debito, la corruzione e l’evasione in Italia sono così alti che un intervento sembra impossibile. Per uscirne, dovremmo trovare un modo per saldare innanzitutto il debito pubblico, così da poter “ricominciare” da zero. Il problema è: come fare?
Gli economisti si stanno scervellando e non hanno ancora trovato una soluzione indolore (che probabilmente non esiste: prima o poi si fa i conti con il passato). Ecco allora che si sono inaspriti i controlli alle aziende per abbassare il più possibile l’evasione. La parte peggiore, però, è che questo non basta: lo Stato si è trovato costretto a tagliare i fondi per il sociale, cioè verso la scuola pubblica, i servizi, la sanità, la ricerca, ecc. Fino a toccare gli stipendi, la cui tassazione è ormai a livelli astronomici.
Secondo Scarpinato, i tagli così effettuati hanno portato a un inevitabile impoverimento del popolo. Le tasse sono cresciute mentre diminuivano gli stipendi (che sono tra i più bassi e più tassati in Europa) e molti servizi pubblici prima gratuiti sono diventati a pagamento. Inoltre sono aumentate le tasse indirette, come quelle sulla benzina; anche l’1% dell’IVA in più è stato un contraccolpo (e a giugno si prevede un ulteriore aumento dell’1%). La situazione ricorda da vicino la Grecia. Anche lì, per esempio, l’IVA e le tasse sono aumentate esponenzialmente.
Se guardiamo più oltre, vediamo che le conseguenze di questo inasprimento possono essere gravi: meno denaro significa meno consumi, e per una legge di mercato significa meno acquisti e paradossalmente meno ricchezza nello Stato. L’economia si fonda sul consumo. Equivale a dire: “più tassiamo il popolo, meno questo consuma e meno ritorno avremo”. La condizione non è così semplice come l’ho descritta, ma dà un’idea di base.
Il video: la grave situazione in Grecia
Il video riporta varie interviste al popolo della Grecia, soprattutto agli anziani (i più colpiti) e ai piccoli imprenditori.
Cosa dobbiamo fare e come dobbiamo comportarci?
Questa è l’unica sezione in cui mi permetto di esprimermi.
Abbiamo visto che gran parte dei problemi sono derivati dalla corruzione e dall’evasione fiscale. Certo, la crisi è iniziata dall’estero: ma dire che «la colpa è della globalizzazione» è molto forzato (anche perché, come già detto, la globalizzazione ha i suoi pro e i suoi contro). Abbiamo visto che la Germania, come altri Paesi europei, ne sta comunque uscendo.
La vera colpa è e resterà sempre dell’illegalità. Dal momento in cui dobbiamo far parte di uno Stato, che lo vogliamo o meno dobbiamo rispettare le sue leggi: l’alternativa è andarcene da qualche altra parte. Le conseguenze dell’illegalità le stiamo vivendo sulla pelle.
Anche affermare che «la colpa non è nostra, deriva dal passato, per cui non siamo noi a doverci caricare delle conseguenze» è assurdo. Non importa di chi sia stata la colpa: il danno ormai è fatto. La cosa che ci deve preoccupare è come trovare un rimedio e come trovarlo in fretta, perché avanti di questo passo cadremo sempre più a fondo.
Cosa fare, quindi?
La risposta è: pagare le tasse. Siamo sovraccaricati, facciamo fatica ad arrivare a fine mese, dobbiamo rinunciare ai nostri progetti, mentre i ricchi continuano ad arricchirsi e la corruzione è una spina vicina al cuore del sistema, che rischia di provocargli un infarto. È tutto vero, non servono inutili giri di parole. La crisi esiste, la corruzione esiste; i ricchi si arricchiscono e i poveri si impoveriscono.
Volete che continui in questo modo? Allora non fate nulla e continuate a disperarvi. Volete una speranza per l’Italia, per un ritorno alla normalità? Forse non accadrà con voi, forse dovremmo aspettare la prossima generazione per arrivarci, ma da qualche parte bisogna iniziare. Pagate le tasse e costringete gli altri a farlo. Richiedete lo scontrino e la fattura. Se siete troppo timidi per farlo, esistono portali online che permettono le segnalazioni anonime. Questo è il primo passo da fare (e di certo non l’unico): gli effetti positivi si sentiranno nel tempo, eccome, come quelli negativi del passato si stanno ripercuotendo su di noi.
Potreste obiettare che alle piccole aziende e ai cittadini mancano i soldi per tirare avanti, figuriamoci per pagare le tasse. Potreste additare i ricchi e i politici e addurre che sono loro a dover sborsare per primi. È vero: ma sapete bene che non succederà. Farsi illusioni è inutile, siate realisti. Se avete altri sistemi in mente, ben vengano, segnalatemeli e aggiornerò l’articolo. Per adesso io non vedo altre soluzioni.
Non ho detto che lo dobbiamo fare per forza. Dico solo che questo è il solo sistema per riportare, tra qualche anno, l’Italia in piedi e dargli una possibilità di ricominciare a correre. Se volete vedere lo Stato crollare, è una vostra libertà di scelta. Adesso l’Italia è in ginocchio. Sta a noi scegliere se farla rialzare o stendere a terra.
Bell’articolo Manuel, il video sulle interviste in Grecia fa venire i brividi.
Speriamo di non raggiungere mai la Grecia. :-/
Grazie =)
Il video fa davvero impressione.. Finché non tocchiamo con mano la situazione ci sembra un problema lontano. L’importante è darsi da fare, continuare a lottare e non cedere
L’analisi è lucidissima, incontrovertibile ed esattamente rispondente alla mia visione/interpretazione della cosa: in fondo si tratta di una pura questione di logica e sano buon senso (stile Rasoio di Occam) evitando spiegazioni tecnicistiche e non chiare…
Il problema è che non mi spiego come mai nessuno in questi anni abbia mai posto la questione della crisi italiana in questi termini esatti svicolando altrove…
Si è sempre usato infatti il termine “speculazione finanziaria” per identificare una causa non meglio precisata, direi in maniera molto qualunquista, senza specificare esattamente chi sarebbero gli speculatori e quali i meccanismi esatti di speculazione….in fondo lo spread è valutato sulla base del tasso di rendimento dei titoli di stato il quale a sua volta è valutato in base alla domanda e offerta di titoli e quindi, apparentemente, “non c’è trucco e non c’è inganno”…
Ciao Lorenzo,
sulla carta, a livello di calcoli e di analisi tecnica, i conti saltano sempre fuori.
Come hai sottolineato, il problema viene fuori quando si nasconde o si finge di non conoscere la situazione (i motivi possiamo ben immaginarli, primi tra tutti la corruzione, ma anche una studiata opera di riduzione del problema a danno del cittadino medio, che non ha i mezzi per capirlo fino in fondo).
L’altro giorno Squinzi dice: “le aziende desiderano rinunciare agli incentivi per un taglio alle tasse”…
Non so se mi sta prendendo per i “fondelli”…è una banale questione di bilancio o saldo: se togli un entrata per un uscita che cambia…? Lo Stato certo non può andarci in perdita nella faccenda se deve risanare il debito o parte di esso…boh…
Ieri Passera a “Che tempo che Fa” fa tutta una discussione che sapeva molto più di politica che di reale “tecnica”…boh…
Frasi del tipo: “l’ILVA deve risanare e continuare a produrre per mantenere attiva tutta la filiera dell’acciaio”…boh…altro affronto alla logica…pensa che siamo stupidi…
Tanto per essere in tema di corruzione, anche lì con tutta evidenza è stata una banale questione di corruzione nei decenni passati da parte dell’ILVA nei confronti di chi faceva le verifiche ambientali cioè l’ARPA…
L’altro spunto interessante del post (e qui chiudo) è il fatto che l’economia sia interamente basata sul consumo e che questo inevitabilmente dipenda oltre che dal reddito anche dall’innovazione tecnologica che è sempre stata dunque il motore della crescita economica nei moderni sistemi economici.
Ebbene io personalmente sono dell’avviso che nei prossimi decenni sarà sempre più difficile (ovvero costoso) produrre innovazione, vuoi per l’attuale già elevato livello di avanzamento tecnologico- conoscitivo vuoi per la difficoltà di formare sviluppatori che riescano a metabolizzare l’enorme mole di conoscenza creatasi, cioè raggiungere lo Stato dell’Arte, con conseguente difficoltà a produrre nuove idee.
E se l’innovazione andrà in crisi, di pari passo andranno in crisi consumi, occupazione e reddito con effetto di “decrescita” davvero poco “felice” che quindi in realtà somiglierebbe molto ad una recessione.
Sotto quest’ottica l’attuale crisi, al di là dei problemi di finanza pubblica, potrebbe dunque essere un iniziale campanello d’allarme che forse si è dato tutto quello che si poteva ovvero la percezione da parte del mondo imprenditoriale/aziendale di non poter più spremere il sistema stimolando i consumi…
Saluti
LF
Ho riunito i tuoi commenti in un unico commento, per avere una lettura unita (nessuna modifica, li ho tenuti così come sono)
Possiamo fare una previsione a breve termine, diciamo nell’arco di qualche anno, su dove porterà la crisi attuale, perché a distanza di decenni ci sono troppi fattori da considerare. Nella storia le crisi ci sono sempre state (tanto per citarne una, la guerra dei trent’anni nel 1600 ha provocato un disastro nell’Europa germanica).
Prima o poi se ne esce, bisogna non darsi per vinti nel frattempo… anche se naturalmente alla fine ci saranno delle conseguenze e dei cambiamenti
DISCORSO RADIOFONICO DEL 1933 DI ROOSEVELT ALLA NAZIONE: MEDITATE GENTE……MEDITATE………
• Nessuna impresa che dipenda, per il suo successo, dal pagare i suoi lavoratori meno di quanto serva loro per vivere ha diritto di sopravvivere in questo Paese. (F.D.Roosevelt)
• Franklin Delano Roosevelt È stato il 32esimo Presidente degli Stati Uniti d’America.
• Fu l’unico presidente degli Stati Uniti a servire per più di due mandati, e vinse le elezioni presidenziali per ben quattro volte (1932, 1936, 1940 e 1944), rimanendo in carica dal 1933 fino alla sua morte, nell’aprile del 1945.
• Larga parte della sua fama è dovuta al vasto e radicale programma di riforme economiche e sociali attuato fra il 1933 e il 1937, e conosciuto con il nome di New Deal, grazie al quale gli Stati Uniti riuscirono a superare la Grande depressione dei primi anni ’30. Fra le sue più importanti innovazioni vanno ricordati il Social Security Act – con il quale vennero introdotte per la prima volta negli Stati Uniti l’assistenza sociale e le indennità di disoccupazione, malattia e vecchiaia – e la creazione dell’Agenzia per il Controllo del mercato azionario (SEC).
• Riferendosi alla Grande Depressione, Roosevelt proclamò: “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa” durante il suo discorso inaugurale il 4 marzo 1933. Le prime settimane di Roosevelt in carica furono chiamate I Cento Giorni, durante la prima parte della sua amministrazione preparò e approvò una serie di leggi per provocare un cambiamento immediato e impedire all’economia nazionale di destabilizzarsi. Istituì una “vacanza bancaria” di quattro giorni (Bank Holiday), due giorni dopo aver assunto l’incarico: quattro giorni in cui tutte le banche del paese rimasero chiuse, permettendo alle istituzioni un breve periodo per riprendersi e riorganizzarsi.
• Durante questi tempi di crisi Roosevelt si rivolse alla nazione per la prima volta come presidente il 12 marzo 1933, nella prima delle molte chiacchierate al caminetto.
Altri importanti provvedimenti che costituiscono la base del New Deal (nuovo corso) sono:
• l’emanazione dell’Agricultural Adjustement Act che tramite una serie di incentivi mirava a limitare la sovrapproduzione agricola che aveva causato una drastica caduta dei prezzi a danno di milioni di agricoltori;
• l’approvazione del National Industrial Recovery Act che imponeva l’adozione per ogni azienda di un codice di disciplina produttiva limitando la sovrapproduzione, rinunciando al lavoro nero e a quello minorile. La legge prevedeva inoltre dei minimi salariali;
• l’emanazione di una riforma fiscale che inaspriva le imposte per i ceti più elevati;
• l’approvazione del Wagner Act che sanciva il diritto di sciopero e della contrattazione collettiva;
• l’istituzione della Tennessee Valley Authority, agenzia che impiegò milioni di disoccupati nella costruzione di imponenti dighe al fine di sfruttare le risorse idroelettriche del bacino del Tennessee;
• l’istituzione del Work Progress Administration, altra agenzia governativa che gestiva la realizzazione di importanti opere pubbliche.
Del New Deal tenne certamente conto Keynes, il grande economista britannico, che stava proprio in quegli anni elaborando la sua teoria che troverà una formulazione compiuta nella sua opera più importante, la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta del 1936.
bé un modo ci sarebbe riguardo a fare sborsare i soldi in tasca ai piu’ ricchi:
aumentare loro le tasse semplice no?
ti prego sono interessato dimmi se il mio commento é “ammissibile” grazie
Ciao Christian,
l’idea è senz’altro ammissibile e ci hanno anche pensato. Però qua andiamo a scontrarci con altri problemi.
Prima di tutto ci sarebbero le naturali domande: fino a che punto bisogna tassarli i ricchi? Perché si dovrebbero tassare i ricchi e non gli altri? Bisogna tenere conto che un ricco è tale perché lui (o suo padre) si è dato da fare per guadagnare e quindi la domanda diventa: perché un ricco dovrebbe pagare anche per gli altri?
Poi ci sarebbe da stabilire come tassarli e in che misura. Se si inizia a tassarli troppo, è probabile che fuggano all’estero (e sarebbe pessimo, perché l’Italia perderebbe altre ricchezze).
E se decidono di farsi tassare, sicuramente prevederebbero un rimborso per il futuro (che si traduce in altri debiti futuri per lo Stato).
La situazione non è semplice e secondo me l’alternativa migliore è un’altra: diminuire il costo dei politici (causa principale della crisi, tra l’altro).
I ricchi dovrebbero essere tassati di più forse perchè probabilmente la loro ricchezza deriva dal fatto che non hanno pagato le tasse nel passato, ma noi questo non possiamo dirglielo e ne possiamo essere certi che siano stati degli evasori, e allora ci limiteremo a dire che, in base allo stipendio lo stato chiede alla popolazione di pagare le tasse, per salvare l’Italia, e siccome la maggior parte degli italiani sono poveri, non può spremere più di tanto altrimenti l’Italia verrà distrutta. Poi per quanto riguarda il diminuire il costo dei politici, questa è la prima cosa in assoluto che si dovrebbe fare.
Il nostro governo è corrotto, si ma da chi? Siamo un paese sotto il potere delle élites straniere e credo ormai si sappia come funziona l imperialismo statunitense. Basta guardare chi sono i governanti al potere di paesi medio orientali (tutti personaggi corrotti) e si scopre che sono messi lì da poteri esteri. Questo vale per l italia, dove un governo fantoccio pilotato da fuori, sta facendo di tutto per distruggere il paese. Non voglio di certo salvare l italiano medio, ma non credo proprio che questa “crisi” sia il risultato di una illegalità diffusa, piuttosto è stata creata a tavolino sfruttando la connivenza di coloro che consegnano nelle mani del potere estero l italia, ovviamente in cambio di tanti soldi, di finto potere e tutte quelle cose che piacciono a chi non ha dignità e che venderebbe anche la madre pur di fare la bella vita. Questi sono i corrotti, e i corruttori???
E’ un po’ il gioco che fa una buona parte delle multinazionali: invadere i Paesi più deboli adducendo la scusa che, con la loro presenza, migliorano la regione povera. La conseguenza è che importano la loro ideologia, le loro leggi, il loro regime economico.
In politica è la stessa cosa. Il Paese più forte e riconosciuto importa i suoi costumi, mescolandoli a quelli dello Stato minore. E’ sempre stato così nella storia e l’unico modo per rispondere in modo adeguato è un forte senso di unità nello Stato minore, cosa che in Italia è mancato sin dall’inizio.
Il fatto è che l’Italia si porta dietro una serie di problemi mai risolti. L’influenza estera non basta a spiegare il perdurare della crisi. Altri Paesi ne sono entrati e ne sono usciti, nonostante la mano estera.
Molto di più conta la complessità delle leggi e la natura stessa dell’italiano (e di riflesso dei suoi rappresentanti al potere), che preferiscono aggirare il problema per un senso egoistico e incurante delle future generazioni.
Ottimo articolo. Unico errore è il genere maschile che attribuisci all’Italia 🙂
Grazie Marcolino,
sto cercando dove l’ho resa maschile (perché nel caso è un errore da sistemare), ma non riesco a trovarlo. Se lo trovo, modifico
Nessuno ha mai pensato, per ridurre il debito, di toccare le riserve auree, lo hanno fatto la Francia e la Germania quando si è riunificata, potremmo farlo anche noi. Ma è senz’altro vero che se gli italiani non imparano a pagare le tasse e a essere leali, non andremo molto lontano. L’idea di abolire il più possibile la moneta in circolazione può funzionare, buona anche l’idea del concorso degli scontrini, in Portogallo ha funzionato benissimo.
Le riserve auree sono considerate i beni rifugio per eccellenza, per cui immagino che i nostri governanti cerchino di usarle come ultima spiaggia… E in effetti, visto come stanno andando le cose a distanza di anni dall’inizio della crisi, sarebbe un buon momento per tentare ogni soluzione.
Ma come hai puntualizzato, ogni tentativo serve solo a tamponare il danno, il vero problema è la mentalità di noi italiani che è troppo improntata a un “stare bene adesso” senza preoccuparsi del futuro. Brutto a dirlo, però l’unico modo per uscirne è bloccare alcune libertà (come la moneta circolante) proprio perché da soli tendiamo ad abusarne oltre il dovuto.