Il legame tra il tempo e lo spazio: lo spaziotempo e la relatività generale

23 Febbraio 2011 | Fisica e chimica

Introduzione

In un articolo precedente ho affrontato il significato di relatività ristretta. L’idea di base ci tornerà utile per fare un salto in avanti e per parlare di un altro tema affascinante legato al tempo e allo spazio. L’argomento è piuttosto corposo, ma cercherò di spiegarmi il meglio possibile senza far uso di termini complessi o poco comuni.

L’equazione di Einstein: se un corpo accelera, aumenta anche la sua massa

Che cos’è lo spaziotempo? Negli ultimi decenni – ma già a partire dagli anni quaranta – è una parola che si sente pronunciare spesso dalla bocca degli scienziati (e anche dagli appassionati di scienza o dagli scrittori di fantascienza). Il concetto, che in realtà è abbastanza semplice se affrontato dall’esterno, ha un’importanza fondamentale e ha aperto uno spiraglio immenso nel campo della fisica.

Dalla teoria della relatività di Einstein deriva la più importante e conosciuta tra le equazioni fisiche: E=mc2.
Tradotta in parole, «l’energia è uguale alla massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato».

Einstein aveva infatti dimostrato come la velocità della luce sia identica davanti a qualsiasi osservatore, per quanto questo sia in quiete o in movimento. Per accelerare un corpo è necessario aggiungergli energia. Più energia si aggiunge, più il corpo accelera. Poiché la velocità della luce (c) è una costante, perché la formula resti valida quando aumentiamo l’energia significa che anche la massa del corpo deve aumentare. Questo naturalmente rende difficile un’ulteriore accelerazione, perché la massa è adesso maggiore.

In laboratorio è stato dimostrato, comunque, che per aumentare anche di poco la velocità ad alti livelli occorre una quantità spropositata di energia. Al Cern di Ginevra sono riusciti a spingere un protone a una velocità pari al 99,99999% di quella della luce. Per aumentare di soli 0,001% la velocità, sono dovuti passare da 450 GeV di energia a 7000 GeV.

La luce è il limite: niente raggiunge la sua velocità

Il limite di accelerazione è la velocità della luce: non esiste modo per raggiungerla, perché occorrerebbe somministrare al corpo una quantità di energia infinita. Piero Angela, nel suo Viaggio nella scienza – dal Big Bang alle biotecnologie, ci mostra un esempio con dei numeri concreti. È il caso di accennarlo, perché renderà più semplice la comprensione del fenomeno.

Poniamo il caso che un’astronave riesca a viaggiare a 294mila km al secondo. Teniamo presente che la velocità della luce è di 299.792,458 km al secondo, quindi l’astronave vi si avvicina notevolmente.
Degli osservatori esterni la tracciano per mille anni. Secondo la teoria della relatività, il tempo di chi viaggia all’interno dell’astronave è molto più dilatato (perché è in grande movimento) e, per loro, sono passati soltanto 200 anni anziché mille. Ma basterebbe accelerare la velocità dell’astronave a 299.792 km/s perché l’intervallo si riduca a due mesi. Aumentando l’accelerazione di ulteriore 4 cm/s l’intervallo diventerebbe di tre giorni.

Sbalorditivo, non trovate? Mentre per un osservatore esterno sono passati mille anni, per l’equipaggio dell’astronave sono trascorsi solo tre giorni. Nella pratica, chi guardava l’astronave la vedeva muoversi al rallentatore.

A velocità elevate, spazio e tempo si dilatano

Questi i dati, che oggi gli scienziati danno per assodati. Ma cosa succede a un corpo che si muove a velocità così elevate? L’oggetto diventa sempre più schiacciato all’aumentare della velocità, perché lo spazio si contrae rapidamente. E il tempo? Anche il tempo subisce la stessa sorte, cioè si dilata e rallenta.

Per capire il fenomeno dobbiamo smettere di pensare al tempo come a un’entità astratta e vederlo come se fosse un’entità concreta, tangibile. Il tempo può essere rallentato o accelerato, allungato o accorciato.
Dopotutto si parla di tre dimensioni (lo spazio) più una quarta dimensione (il tempo). Queste quattro dimensioni sono strettamente collegate e, viste insieme, formano quello che viene chiamato spaziotempo. Non può esistere un tempo senza spazio, e viceversa.

È grazie a questo concetto se possiamo stabilire un intervallo di tempo tra un evento A e un evento B: ogni evento ha quattro grandezze (coordinate) che lo identificano, tre spaziali e una temporale.

Due corpi si attraggono perché lo spaziotempo attorno si curva

Ora che sappiamo di cosa ci si riferisce parlando di “spaziotempo”, possiamo fare un passo avanti. Come ho spiegato nel precedente articolo, in sintesi, la relatività ristretta dimostrava che:
a) la velocità della luce è uguale da qualsiasi direzione la si osservi e non può essere superata;
b) il tempo è relativo, cioè si misura in modo diverso a seconda che l’osservatore sia fermo o in moto (in questo caso, in un modo riduttivo, diciamo che il tempo rallenta).

Ma la relatività ristretta si può applicare soltanto a oggetti in moto rettilineo e costante, cioè senza accelerazione, e qui sta il suo limite. Nel 1915 però Einstein rende valida la teoria anche per i sistemi che si muovono in una curva e che sono accelerati uno rispetto all’altro.

L’esempio del razzo

Immaginatevi rinchiusi in una stanza. La forza di gravità vi attira verso il basso: anche se non ci facciamo caso, agisce sempre e “pesa” su di noi, inchiodandoci a terra. Potete facilmente rendervene conto lasciando cadere una palla.

Ora immaginiamo che questa stanza sia lanciata nello spazio, dove non esistono campi gravitazionali. Un razzo la sospinge incessantemente verso l’alto. Nonostante l’assenza di campi di gravità, vi sentirete comunque spingere verso il basso e se lasciaste cadere la palla, questa rimbalzerebbe ancora a terra. In questo caso l’effetto non è dovuto alla gravità, ma all’accelerazione del razzo. Voi però non vi rendereste conto se questa spinta verso il basso sia dovuta alla gravità o a un’altra forza.

Bene, Einstein ha aggiunto questa considerazione: l’osservatore non può stabilire se le forze che la muovono sono dovute alla gravità o ad altri meccanismi. Questa aggiunta va a comporre quella che viene chiamata teoria della relatività generale. Si tratta di una legge estremamente importante. Vediamo il perché.

La gravità è una proprietà dei corpi, non una forza

Prima della teoria della relatività generale, la legge gravitazionale di Newton stabiliva che due corpi sono attratti tra loro con una forza che è proporzionale alle loro masse. Adesso, invece, Einstein presuppone che due corpi si attraggono perché il corpo con massa maggiore “curva” lo spaziotempo e attira verso di sé il corpo con massa minore (vedi l’immagine sopra).

L’effetto è lo stesso, ma il concetto è diverso: la gravità non attira direttamente due corpi, ma distorce lo spaziotempo e porta il corpo minore a “cadere” verso l’altro. L’accelerazione di gravità non dipende più dalla massa del corpo.

L’esempio più semplice per spiegarlo è quello della palla da bowling e della pallina da tennis. Prendete un telo elastico e appoggiate la pallina da tennis in una zona a margine di questa superficie. Poi mettete la palla da bowling al centro dell’area: la materia della palla porterà il telo a incurvarsi al centro e la pallina da tennis scivolerà verso il centro, “attratta” dall’altra. Allo stesso modo, un pianeta (la Terra) è attratto da un corpo con una maggiore quantità di materia (il Sole).

Teniamo conto che la Terra, di per sé, curva lo spazio con un raggio che si allunga di circa mezzo miliardo di chilometri. Immaginate quanto lo possa incurvare un corpo che ha la densità del Sole. Ecco spiegato perché la presenza del Sole riesce a “intrappolare” polveri, comete e persino pianeti della stazza di Giove.

(altre informazioni sulla gravità: «Cos’è la gravità? Non è una forza e per molti aspetti non riusciamo a definirla»)

Se lo spazio si curva, il tempo rallenta

Cosa comporta tutto questo? Innanzitutto, la possibilità di piegare lo spazio è alla base di quel fenomeno “illusorio” secondo cui una stella si trova, in realtà, leggermente spostata rispetto a da dove la vediamo a occhio nudo. La sua massa infatti piega lo spazio e quindi anche la luce che viaggia su di esso (nella luce si trova il nostro spettro visibile).

Inoltre, teoricamente è possibile ipotizzare un sistema per cui, piegando abbastanza lo spazio, si avvicinino tra loro due punti estremamente lontani, permettendoci di raggiungere distanze altrimenti impossibili. È quello che dovrebbe fare il noto wormhole: in pratica un tunnel che mette in comunicazione un punto dello spazio con un altro punto lontanissimo. Mi limito a citarlo, perché la sua trattazione esce dal tema dell’articolo.

Infine, abbiamo visto che lo spazio e il tempo sono strettamente collegati, come un’unica entità chiamata spaziotempo. Ora, se lo spazio viene incurvato dalla gravità, anche il tempo deve essere incurvato allo stesso modo. Quindi incurvando lo spazio (per esempio creando il wormhole citato prima) sarebbe possibile non solo raggiungere distanze lontane, ma anche tempi estremamente lontani.

Le conseguenze della teoria della relatività sono state solo accennate in questo articolo. Scienziati di ogni fede (scientifica e religiosa) stanno ancora battagliando per raggiungere un accordo ed elaborano ogni anno nuove teorie che si fondano su questa. Una cosa è certa: l’intuizione di Einstein è stata un punto di partenza, non di arrivo. Gli orizzonti che si sono aperti ci mostreranno sorprese che, forse, non riusciremmo nemmeno a capire fino in fondo.

Fonti principali
Stephen Hawking, «L'universo in un guscio di noce»
Piero Angela, «Viaggio nella scienza – dal Big Bang alle biotecnologie»
Ultimi Commenti
  1. Gio
      • CARMINE DE CARLO
    • Oltrenatura
    • Paolo
  2. nonsologrigio
      • nonsologrigio
  3. ANTONIO BETTIO
  4. diego
  5. Enrico
  6. Francesco
  7. Francesco
  8. Francesco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.