Erzsébet Báthory, vampira e contessa sanguinaria del Rinascimento

27 Aprile 2017 | Storia

Premessa: questo articolo potrebbe urtare la sensibilità di alcuni, visto che tratta argomenti di omicidi e di disturbi mentali. Se siete impressionabili, consiglio di evitare la lettura.

Erzsébet (o Elisabeth) Báthory nacque nel 1560 in Ungheria da una nobile famiglia e fu cresciuta in Transilvania, l’odierna Romania. Il padre era un aristocratico e la madre nientemeno che la sorella del re di Polonia. Tra l’altro, la famiglia vantava un albero genealogico di tutto rispetto, che contava degli eroi di guerra.

Da una famiglia di questo stampo ci si aspetterebbe un futuro radioso, tra gli agi e una schiera di servitori pronti a soddisfare ogni pretesa eccentrica, ma come spesso succedeva, e succede tutt’ora, il rischio che la fortuna finisse da un momento all’altro era sempre presente. E infatti, a metà del ‘500 la famiglia Bathory non se la passava molto bene. Gli indizi si notavano chiaramente dagli individui che entravano a far parte della casata: alcolizzati, assassini, stupratori, satanisti e omosessuali (a quel tempo considerati dei depravati da condannare).

In questa atmosfera, forse non stupisce più di tanto che una bambina di 6 anni abbia potuto assistere a una tra le esecuzioni più atroci del periodo: uno zingaro fu arrestato per aver venduto alcuni figli ai turchi e fu condannato a essere cucito vivo nella pancia svuotata di un cavallo.

L’evento fu di sicuro un trauma, ma non è sufficiente per spiegare il carattere spietato che nel corso degli anni segnò la vita di Elisabeth. Più probabilmente, la bambina cominciava già a manifestare delle turbe mentali ereditarie, dovute alle unioni tra consanguigni (per esempio il padre sposò una cugina). Nella linea ereditaria infatti non mancavano problemi di schizofrenia, epilessia e disturbi mentali.

Una terribile adolescente

L’aspetto di Elisabeth ci arriva da alcuni dipinti e sembra esaltato da un’espressione che – possiamo immaginare – fosse piuttosto fredda e cinica. Quando la piccola Bathory crebbe, fu introdotta al piacere della tortura e ai riti satanici.

All’età di 13 anni il suo animo perverso venne alla risalta: ordinò che a una cinquantina di ribelli fossero tagliati orecchie e naso. Il motivo? Dimostrare che poteva essere spietata nonostante la giovane età.

A 15 anni finì in sposa al conte Ferecz Nádasdy, a cui era stata promessa già dall’età di 11 anni, una prassi comune nel Rinascimento. Il conte era consapevole dei vizi della moglie e lui stesso era propenso alla tortura, per cui fece allestire delle camere private per accontentarla. Erzsébet ne fece buon uso: nei momenti di noia, o peggio di rabbia, obbligava le donne assunte nel castello a essere sottoposte al martirio.

Il conte si accorse ben presto che le depravazioni della moglie non erano solo degli sfizi saltuari. Nei momenti in cui il marito era assente, si dedicava alla stregoneria e alle orge organizzate. E le “punizioni” rivolte alle serve, per esempio quando minacciavano di fuggire, finivano spesso con la loro morte. La situazione peggiorò quando la contessa si convinse che farsi il bagno nel sangue delle ragazze poteva mantenere la sua pelle eternamente giovane.

Nell’articolo evito di scendere nei dettagli, perché sarebbero particolarmente crudi da descrivere, ma vi basta una rapida ricerca su internet per ottenere una lista completa (affidatevi solo a descrizioni che riportano fonti ufficiali). Si parla di morti per assideramento, per bruciature e per torture crudeli. Qua mi basta far notare che persino il conte Nádasdy, spaventato, iniziò ad allontanarsi sempre più da lei.

Contessa sanguinaria e vampira leggendaria

Nel 1604 il conte morì ed Erzsébet diventò vedova. Senza più niente a trattenerla, la donna fu libera di dare sfogo a quei lati di sé che le attribuirono l’appellativo di «contessa sanguinaria». Alle torture seguirono numerosi assassinii e omicidi. La figlia dei Bathory si era trasformata in un’autentica serial killer di donne.

Nel 1609, però, commise l’errore di scegliere come vittima una giovane ragazza della nobiltà. Il misfatto arrivò alle orecchie della Chiesa e Re Mattia II di Ungheria inviò il conte Gyorgy Thurzo per fare luce sull’assassinio, che iniziò a pedinare la contessa. Il 26 dicembre 1610 la colse sul fatto nel mezzo di un’orgia sanguinaria con i servitori. Il mese successivo si aprì il processo.

Il diario di Elisabeth che rinvennero riportava in dettaglio ogni delitto compiuto. Le vittime erano circa 650, anche se gli storici tendono a mantenere le stime tra i 100 e i 300 assassinii (in passato i tribunali e gli investigatori hanno sempre avuto la tendenza a esagerare i fatti). Un numero che alimentò la sua leggenda nei secoli futuri, trasformandola in una sorta di vampira e dando origine a un folto repertorio di opere letterarie, cinematografiche e videoludiche.

In ogni caso, era un orrore difficile da immaginare e da dimenticare, soprattutto per la Chiesa cattolica. La pena doveva essere adeguata ai crimini compiuti, sia per lei che per i suoi quattro collaboratori. Erzsébet Báthory fu chiusa in una stanza del castello di Csejthe senza porte e finestre, che furono murate, e con un unico pertugio per ricevere il cibo.

Dopo tre anni di isolamento, la contessa decaduta rifiutò di mangiare e il 21 agosto 1614 si lasciò morire di inedia. Aveva 54 anni e un passato così terribile da renderla una dei serial killer più spietati di cui la storia avesse memoria.

Fonti principali
Focus Storia n. 126, di aprile 2017
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