In breve
L’odore della pioggia è una combinazione di sostanze disperse dal terreno quando le gocce impattano. Il motivo per cui lo troviamo “buono” deriva dalla nostra evoluzione.
La differenza di temperatura tra Polo Sud e Polo Nord dipende dall’altitudine della superficie e dal riscaldamento dell’aria.
Mentre i ghiacci del Polo Sud poggiano su un continente (l’Antartide), quelli del Polo Nord sono quasi a livello del mare. Inoltre, le acque oceaniche del nord riscaldano l’aria d’inverno.
La frutta e gli ortaggi sono stati selezionati e incrociati per diventare più grandi, colorati e belli da vedere. Quasi nessun alimento che mangiamo assomiglia alla sua versione naturale.
La conseguenza è un gusto migliore, ma una forte riduzione dei valori nutritivi e dei minerali contenuti.
Il vapore acqueo è meno denso dell’aria e tende a salire, fino a incontrare delle correnti più fredde. Lì le gocce restano sospese e formano le nuvole visibili.
Le nuvole possono pesare varie tonnellate, ma la quantità d’acqua che hanno in ogni metro cubo è piccola e quindi l’aria dal basso le tiene sospese.
L’effetto Zeigarnik dimostra che la mente umana preferisce finire un compito, invece di iniziarne uno nuovo, perché le questioni in sospeso restano più facilmente nella memoria.
Il fenomeno ci aiuta a ricordare i compiti da finire, ma può essere sfruttato anche per studiare meglio in vista di un esame.
La 45 Degree Lean (piegamento a 45°) di Michael Jackson era possibile grazie a un trucco artistico, in cui le scarpe si agganciavano ai chiodini sul pavimento.
Ma anche con questo trucco, si tratta di un movimento alla portata di pochissimi, perché richiede un enorme sforzo su buona parte dei muscoli del corpo.
Il cammello in media può viaggiare per 16 ore al giorno a un’andatura di 6 km/h, coprendo in dieci giorni più di mille chilometri.
Può bere fino a 100 litri d’acqua alla volta e restarne poi senza per nove giorni. Inoltre accumula il cibo in eccesso trasformandolo in grasso, con la possibilità di digiunare per molti giorni.
Sopra gli 8.000 metri l’ossigeno è così scarso che si può andare incontro a ipossia e alla morte. Gli alpinisti la chiamano zona della morte.
La vetta dell’Everest è una delle più difficili da raggiungere, anche a causa delle valanghe: fino al 2018 ha provocato quasi 300 morti e ha visto solo 5.000 scalatori toccare la cima.