Si chiama «Breakthrough Starshot» ed è un progetto straordinario che promette di inviare nello spazio delle nanonavi grandi come un pollice, capaci di raggiungere sistemi stellari lontani in pochi anni viaggiando a un quinto della velocità della luce.
Il programma risale al 2016 e per farvi capire quanto sia preso in seria considerazione è sufficiente citare le persone che hanno voluto in qualche modo parteciparvi o mettere la faccia: Stephen Hawking e Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, hanno appoggiato pubblicamente il progetto, mentre l’ex fisico Yuri Milner vi ha investito personalmente ben 100 milioni di dollari.
Nanonavi, vele e cannoni laser
Vele per sfruttare la luce del Sole
L’idea non è nuova, perché già in passato si era parlato di «vele solari», cioè di attaccare alle astronavi delle enormi vele e di spingerle verso una direzione nello spazio usando un laser sparato dalla Terra o sfruttando il vento solare (cioè la luce del Sole).
Nel secondo caso i costi per lo spostamento sarebbero ridotti a zero, perché la luce del Sole è gratuita: i fotoni (le particelle che formano la luce) esercitano una minuscola pressione quando colpiscono un oggetto, per cui possono spingere le vele nel senso opposto del Sole. Il problema caso mai è nei costi necessari per realizzare le enormi vele e i corpi a cui sono ancorate.
Propulsione laser dalla Terra
Il progetto Starshot prevede però di usare dei chip al posto delle astronavi, grandi come un pollice e pesanti appena 20 grammi. In pratica le nanonavi saranno composte da due parti: un chip (chiamato «StarChip») e una vela super sottile («Lightsail»).
Ognuno dei chip conterrà miliardi di transistor e una serie di strumenti che permetterà di analizzare i corpi celesti incontrati: fotocamere, strumenti chimici, sensori, celle solari. L’informatica moderna infatti ci ha permesso di miniaturizzare praticamente ogni strumento utile.
Ma come si muoveranno nello spazio queste nanonavi? Il programma iniziale prevede di installare sulla Terra una serie di cannoni che spareranno dei laser, colpendo le vele e spingendo così l’intera nave verso una direzione. Le navi acquisteranno una velocità progressiva fino a raggiungere 1/5 della velocità della luce (circa 60mila km/s): una velocità migliaia di volte maggiore dei moderni razzi chimici!
In pratica potranno raggiungere il sistema di Alpha Centauri, distante da noi 4,37 anni luce (circa 41mila miliardi di km) in appena 20 anni. La Luna sarebbe raggiungibile in appena 1 secondo, Marte in un’ora e Plutone in qualche giorno.
La parte interessante è che la tecnologia per realizzare il progetto è già disponibile. L’unico intoppo è dato dai costi, come vedremo tra poco.
Il video – Yuri Milner presenta il progetto
Nel video qua sotto (in inglese), Yuri Milner presenta il progetto Breakthrough Starshot. Sul palco si trova anche Stephen Hawking. Il filmato dà una rappresentazione grafica della «nave madre», che libererà nello spazio centinaia di nanonavi, e dei cannoni incaricati di colpire le vele con il laser.
È davvero fattibile? Vantaggi e svantaggi
Niente guasti e nessuna perdita di energia
I vantaggi delle nanonavi sono evidenti e potrebbero spingere le Nazioni a collaborare per investirci sopra. Una volta affrontati i primi costi, infatti, avremmo a disposizione un numero di nanonavi enorme da inviare nello spazio ad esplorare luoghi finora inaccessibili: stelle e pianeti di sistemi stellari anche lontani dal nostro (per le future generazioni). Le navi invierebbero verso la Terra ogni dato catturato, nel tempo necessario al segnale per propagarsi dalla sonda fino a noi.
Ci sono poi dei vantaggi di struttura. Rispetto ai razzi convenzionali, non hanno bisogno di sollevare il peso del carburante fino allo spazio, semplicemente perché non hanno bisogno di carburante: quindi il 100% dell’energia sarebbe usato solo per spingere la nave. Inoltre non ha parti di movimento necessarie per generare l’energia, quindi si limita il verificarsi di guasti meccanici e si annulla l’esplosione dovuta alle sostanze chimiche.
Costi e atmosfera terrestre
Analizziamo prima i problemi da affrontare. Innanzitutto, i laser dovranno essere puntati con estrema precisione, perché basta una minima deviazione per mandare la nave fuori rotta (se si sbaglia, poi non si può correggere “il tiro”).
In secondo luogo, i laser devono avere una potenza di 100 miliardi di watt che deve essere tenuta in funzione per almeno 2 minuti. Se teniamo conto che una centrale nucleare può generare solo 1 miliardo di watt al costo di diversi miliardi di dollari, possiamo capire che tenere in funzione un laser simile richiederà enormi investimenti che si dovranno sobbarcare più Nazioni.
Un altro problema è dato dall’atmosfera terrestre, che farebbe perdere il 60% dell’energia ai laser che ci passano in mezzo. A questo c’è però una soluzione: creare i cannoni laser sulla Luna, dove non ci sarebbero perdite di potenza. Per ridurre ulteriormente i costi basterebbe accumulare l’energia in pannelli solari, da passare poi ai cannoni, facendo risparmiare miliardi di dollari (l’energia solare è gratuita, a differenza di quella nucleare).
Ciao Manuel
La velocità della luce (circa 300 000 km/s) appare a noi comuni mortali una velocità estremamente elevata, quasi impossibile soltanto ad immaginarla. Basti pensare che in un solo secondo essa compie 5 giri (circa) dell’equatore terrestre (“pazzesco”, qualcuno potrebbe esclamare).
Ma quando si parla di esplorazione spaziale intesa come interstellare (al di fuori del nostro sistema solare) o peggio ancora intergalattica (al di fuori della nostra galassia), la velocità della luce si rivela pressoché irrisoria in special modo nel secondo caso (viaggio intergalattico).
Basti pensare che ad 1/5 di “c”, come giustamente hai scritto nell’articolo, occorrono circa 20 anni solo per arrivare al sistema solare a noi più vicino, ovvero quello di Proxima Centauri; mentre per arrivare al sistema della stella Sirio (sesta stella più vicina al Sole) occorrerebbero circa 45 anni. Per giungere invece fino ad un sistema stellare sito nella parte opposta della nostra galassia (rispetto la nostra posizione), sempre ad 1/5 di “c” occorrerebbero circa 350 000 anni.
Beh, analizzati i costi, e fatte partire oggi (le nanonavi), esse potrebbero davvero essere una svolta pioneristica per le “prossime generazioni vicine”, ma solo per quanto riguarda l’esplorazione dei sistemi stellari “prossimi” al nostro.
Ma per quanto riguarda i viaggi intergalattici credo sia l’unica errata pretensione di questo articolo. Solo per giungere fino alla galassia Andromeda (la più vicina alla nostra galassia Via Lattea) alla piena velocità di “c”, si impiegherebbero circa 2 milioni di anni; ad 1/5 di “c” occorrerebbero quindi 10 milioni di anni.
Non parlerei quindi di “prossime generazioni vicine”.
E’ necessario quindi escogitare qualcos’altro per poter parlare di viaggi intergalattici; anche la piena velocità della luce in questo caso sarebbe del tutto irrilevante. Attualmente, anche con questa tecnologia, ipotetiche esplorazioni intergalattiche sono pura fantascienza.
Ciao a tutti
Giusta osservazione, soprattutto considerando che una volta raggiunta la destinazione dobbiamo anche attendere che i dati inviati dalla sonda arrivino sulla Terra. Per esplorare le galassie esterne si dovrebbero aspettare troppe generazioni e a quel punto la scienza avrà senz’altro trovato un sistema alternativo (ho modificato la parte).
È interessante immaginare che tra qualche generazione un’ipotetica civiltà aliena possa intercettare la sonda e risalire a noi in qualche modo. Più sonde inviamo, più le probabilità di un contatto aumentano, anche se la vastità dello spazio è un grande limite da questo punto di vista.
Ciao Manuel,
Giustissima osservazione anche la tua: ” dobbiamo anche attendere che i dati inviati dalla sonda arrivino sulla Terra”. Già, lo avevo tralasciato nonostante sia un aspetto molto importante. Quindi nell’esempio dell’immaginaria esplorazione della galassia di Andromeda, per attendere le prime immagini dovremmo aspettare 20 milioni di anni (anche se con i futuri studi e sperimentazioni sull’entanglement quantistico, le informazioni potrebbero giungere sulla terra istantaneamente; e questa non è fantascienza).
Giusto anche affermare “più sonde inviamo, più le probabilità di un contatto aumentano”. Questo è vero.
L’unica precisazione che vorrei fare sul mio precedente commento (non sull’articolo) è che quando parlo di “sistema stellare”, effettivamente volevo intendere (come avrai certamente capito) sistema planetario. Il sistema stellare in astronomia è un’altra cosa, ovvero un gruppo di stelle che orbitano intorno a un centro comune (ad esempio la stella binaria); un sistema planetario è invece ovviamente un gruppo di pianeti e/o altri corpi celesti che orbitano attorno ad una stella (ad esempio il nostro sistema solare) o ad un sistema stellare. Ci tenevo a chiarirlo per correttezza verso di chi legge.
Ciao e grazie per gli interessanti articoli