Risveglio forzato
In media il nostro giorno di lavoro parte dalle ore 09:00 (e per molti anche prima). Gli studenti arrivano a scuola e hanno la prima lezione alle 08:30.
Immagino che chiunque di noi ogni giorno si alzi dal letto con fatica, mentre l’odiosa sveglia continua a suonare e i nostri occhi implorano di aspettare «ancora cinque minuti». Ormai siamo così abituati a seguire questi orari che non ci rendiamo conto di quanto pesino sulla nostra salute e di come siano una vera e propria tortura per il nostro ritmo biologico.
Le ultime ricerche, avvalorate anche da studi meno recenti, sembrano dimostrare che siamo “tarati” per iniziare a lavorare non prima delle ore 10:00.
Carenza di sonno
In particolare il professor Paul Kelley, esperto in medicina del sonno, spiega che chi ha meno di 55 anni è portato a svegliarsi biologicamente attorno alle 10. Questo significa che, in media, perdiamo almeno un’ora e mezza di sonno ogni giorno; gli studenti (quindi i giovani sotto i 24 anni) ne perdono addirittura due. Soltanto dopo i cinquant’anni le ore 09:00 si dimostrano in linea con il nostro orologio biologico.
Le conseguenze della privazione del sonno le conosciamo bene, anche perché ci basta guardarci intorno per scoprirlo: la società è governata dallo stress e dalla frenesia. Più gli anni passano e più gli effetti si fanno sentire: cattivo umore, malattie più frequenti, memoria meno salda.
La soluzione c’è, ma non è praticabile
La soluzione? Naturalmente, basterebbe spostarci pian piano verso un ritmo più adeguato alla nostra biologia.
Purtroppo in questa società, così com’è fatta, non è possibile. Il programma di studio e di lavoro è così metodico e organizzato che sradicarlo sarebbe impensabile. Cambiare gli orari di lavoro significa modificare il ritmo a cui è abituata la popolazione intera, compresi le aperture dei negozi, le pause pranzo e i momenti da dedicare alle altre attività.