Introduzione

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Vestito di rosso con un cappello pesante per proteggersi dal freddo, panciuto, con una lunga barba bianca e un’espressione bonaria, spesso con chiazze rosse alle guance e al naso: questa è l’immagine più comune di Babbo Natale, la figura per eccellenza legata al 25 dicembre. Tanto conosciuta da possedere diversi nomi e a essere entrato nelle case dei bambini di ogni angolo del mondo.

Attraverso la magia del Natale e le sue infaticabili renne capaci di spiccare il volo, vaga a cavallo di una slitta con un enorme sacco e in una sola notte – la vigilia – distribuisce i doni ai bambini di tutto il mondo – purché durante l’anno si siano comportati bene.

Naturalmente, l’immagine di Babbo Natale e quanto lo circonda si è evoluta nel tempo. Adesso è impensabile immaginare che possa scendere dal camino, visto che il riscaldamento delle case funziona grazie ai termosifoni e all’elettricità. E in un’Era “logica” come quella in cui viviamo, è difficile credere che esista un modo per portare doni in ogni angolo del mondo in una sola notte (cosa che fino a qualche decennio fa poteva risultare plausibile a buona parte del popolo giovane: la religione era, infatti, molto più sentita di ora e l’ignoranza molto più diffusa).

Ma il suo mito sopravvive alla storia e il romanticismo rimane di anno in anno. Si tratta, tra l’altro, di un mito davvero spettacolare, dove si intrecciano magie, religione, creature fantastiche e i temi ricorrenti del buonismo e dell’altruismo. Lo sapevate, per esempio, che Babbo Natale è circondato da un’infinità di aiutanti e di personaggi secondari?

Da dove viene questo simpatico ometto, che alla vigilia di Natale passa di casa in casa, scende dal camino e lascia i suoi doni sotto l’albero decorato? E qual era il suo aspetto originario?

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Citazione dal libro

Le ricerche hanno portato alla conclusione che l’uomo, al di sotto di un preciso sublivello o metalivello, non è più in grado di riconoscere l’intelligenza come tale. Concepisce come intelligenza solo ciò che si muove nella cornice del suo stesso comportamento. Oltre quella cornice, nel microcosmo, appunto, semplicemente non la può vedere.

La stessa cosa accadrebbe con un’intelligenza di grandi dimensioni, uno spirito molto esteso: l’uomo vedrebbe solo il caos, perché non riuscirebbe a districare quelle complesse connessioni. Le decisioni di una simile intelligenza gli rimarrebbero del tutto incomprensibili, giacché i parametri su cui essa si fonda supererebbero la sua capacità di elaborazione.

Anche un cane vede nell’uomo solo il potere cui si sottopone, non lo spirito. I comportamenti umani gli sembrano privi di senso, perché noi agiamo sui fondamenti della riflessione, i quali superano le capacità percettive del cane.

Allo stesso modo, non potremmo percepire Dio – ammesso che esista – in quanto intelligenza, dato che il suo pensiero deve poggiare su una riflessione totale, la cui complessità ci è completamente preclusa. Come conseguenza, Dio ai nostri occhi appare caotico e quindi serve soltanto a far vincere la locale squadra di calcio o a sventare una guerra.

Un essere simile si trova ben oltre i confini estremi della capacità di comprensione umana. Cosa che, a sua volta, spinge a porsi una domanda: da parte sua. Dio è in grado di cogliere l’intelligenza del nostro sottolivello?

Forse siamo solo un esperimento in provetta…

Il Quinto Giorno (parte quarta), di Frank Schätzing

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Minaccia o specie minacciata?

Frank Schätzing doveva avere le idee chiare, quando ha scritto Il quinto giorno. Probabilmente non è una teoria nata direttamente dalla sua mente, ma resta il fatto che in quel libro di circa mille pagine ha portato a conoscenza del pubblico un’ipotesi niente male: la possibilità che negli abissi dell’oceano possa essersi sviluppata una vita intelligente parallela all’uomo.

Parlare di “extraterrestri” in questo caso è sbagliato (una vita nata sulla Terra non può essere “aliena”), ma rende bene il concetto.

Ribellione nei mari

Nel suo libro Schätzing ipotizza uno scenario più che realistico. Un’intelligenza proveniente dalle profondità degli abissi si ritorce contro gli uomini, colpevoli di aver causato l’estinzione di innumerevoli specie di pesci e di aver rovinato l’ambiente acquatico.

Non lo fa agendo direttamente: invia delle “cavie” marine, controllate da una massa gelatinosa, che provocano scompiglio tra i terrestri. E lo fanno con efficienza: inizialmente intaccano le infrastrutture ancorate ai mari (come le petroliere); quindi fanno crollare scarpate nei punti nevralgici delle coste provocando maremoti e interrompendo i collegamenti dei cavi e delle tubature costruite; infine arrivano addirittura a bloccare la Corrente del Golfo, indispensabile per mantenere il clima quale lo conosciamo, e rischiando così di iniziare un’Era Glaciale.

Il governo americano si rende conto di aver a che fare con un’intelligenza simile a quella umana e cerca di contattarla per evitare ulteriori disastri.

Non vado oltre, per evitare uno spoiler del finale. Se vi interessa sapere la mia opinione sul libro, leggete a fondo pagina le mie votazioni. In questo articolo mi occuperò invece dell’affascinante teoria del libro. Una curiosità: secondo la Genesi della Bibbia (versetti 1,20-23), il quinto giorno della creazione Dio popolò le acque e i cieli. Da qui il titolo del libro.

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Introduzione

Per stabilire la pericolosità del veleno iniettato da un animale si devono tenere conto di diversi fattori, tra cui la sua incidenza sull’uomo (alcune tossine sono tollerate dall’uomo ma risultano mortali per altre specie), l’aggressività dell’animale, la dose che viene espulsa e il danno che provoca. Teniamo anche conto che «più velenoso» non significa «più pericoloso». In base a questi fattori, si possono stilare alcune liste, che non sono però rigide.

I generi ritenuti sicuramente letali sono Phoneutria, Atrax, Latrodectus e Loxosceles (altri due generi, Tegenaria e Haplopelma, sono solo sospettati di essere mortali e quindi esclusi dalla lista ufficiale).

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Introduzione

Una festa di spiriti e di incantesimi. Un giorno in cui creature uscite dagli incubi vagano per il mondo e compiono atti deplorevoli, dove la magia si fonde con la realtà e le streghe possono divertirsi con potenti incantesimi. In Italia, la festa di Halloween deve ancora prendere piede. I bambini non vanno di porta in porta, travestiti da fantasmini o da vampiri, chiedendo il classico «dolcetto o scherzetto» come fanno gli americani. Il nostro concetto è legato ai film dell’orrore e alle favole di paura che si raccontano di notte.

Ma è davvero così? Halloween è davvero una festa di tenebre e di magia? In realtà, la faccenda è più complicata e antica di qualche secolo.

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Una conferma recente

È cosa risaputa che, dopo la nascita della Terra, la temperatura era così elevata da impedire all’acqua di restare allo stato liquido. Qualsiasi bacino, infatti, sarebbe evaporato e si sarebbe disperso. Gli scienziati hanno logicamente pensato che gli oceani dovessero essersi formati per altre vie.

L’ipotesi più accreditata stabiliva che l’acqua fosse arrivata dalle numerose comete che caddero sulla Terra quando questa si raffreddò. La quantità sarebbe stata sufficiente per riempire gli oceani.

L’ipotesi inizialmente non trovò conferma. Anzi, negli anni ’80 si arrivò persino a confutarla studiando il rapporto di deuterio e idrogeno presenti nella nostra acqua e in quella delle comete. La differenze era tale da immaginare che al massimo una parte su dieci dei nostri oceani potesse essersi formata attraverso le comete.

Nell’ottobre del 2011, però, è arrivata infine la conferma definitiva della teoria.

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Introduzione

Scrivere una biografia su Steve Jobs non è un’impresa facile. Di esperienze lavorative e intellettuali ne ha avute così tante che a fatica le si riesce a contare sulle dita delle mani. È stato un imprenditore, un informatico, un inventore e soprattutto un visionario che ha fatto la differenza nel campo della tecnologia.

Ognuno è libero di avanzare le proprie critiche su come l’azienda Apple abbia raggiunto il successo. Ma qui non stiamo parlano della Apple: stiamo valutando la mente di Steve Jobs. E da questo punto di vista, non ci sono critiche che reggono.

Lo dimostra la storia. Steve Jobs ha creato un impero sfruttando il suo talento nel leggere il pensiero dei clienti, la sua capacità di prevedere l’andamento del mercato e la socialità digitale (come è accaduto con Zuckerberg, che ha aperto a tutti gli occhi attraverso il suo Facebook). Che poi, in diversi casi, per raggiungere gli obiettivi abbia “calpestato” gli interessi degli altri e dei dipendenti, è una questione che qui non tratterò.

Come ha dichiarato nel discorso che ha rivolto ai neolaureati di Stanford (trovate il video più sotto, che consiglio di vedere anche a chi non interessa il resto dell’articolo), Steve Jobs ha lasciato l’università per non pagare la retta e ha continuato a seguire solo i corsi che gli interessavano. Senza ottenere l’attestato finale, dormendo sui pavimenti dei dormitori e pagandosi da mangiare con i vuoti delle bottiglie di Coca Cola.

Perché? Perché era un uomo con la testa sulle spalle, perché vedeva al di là del suo presente. Perché seguire la massa non ti porta a distinguerti e a coronare un successo inaspettato. Uno slogan che l’azienda, in realtà, ha abbracciato al contrario, sfruttando proprio l’istinto dell’individuo a seguire la massa.

Raccolgo qui link, immagini, vignette e alcune delle citazioni che circolano in rete su Steve Jobs e che in questi giorni si stanno diffondendo proprio grazie a quel passaparola che ha reso famoso il suo impero.

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Introduzione

Leonard Hayflick, professore di anatomia all’Università della California (San Francisco) e professore di microbiologia alla Stanford University, nel 1961 dimostrò che le cellule umane in cultura non potevano moltiplicarsi per più di 50 volte. Dopo questo periodo, restano in vita un anno e quindi muoiono.

Questo limite di moltiplicazione è chiamato, per l’appunto, limite di Hayflick.

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Non una scimmia

Gli antropologi si sono interrogati a lungo sul fatto che l’uomo sia nato come bipede o se un tempo sia stato un quadrupede. Nel trovare una risposta si fa riferimento al momento in cui è sceso dagli alberi e ha cominciato a camminare a terra.

In passato si era propensi a credere che l’uomo, una volta al suolo, avesse cominciato a muoversi come le scimmie, curvo e su quattro zampe, e che solo con il trascorrere degli anni si fosse adattato e avesse imparato a ergersi sui due piedi. Ma una teoria elaborata nel 2009 sembra confermare il contrario.

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Introduzione

Cos’hanno in comune un ubriacone d’Irlanda, il Diavolo e le zucche di Halloween? La risposta è «Jack O’ Lantern».

Chi non ha mai sentito pronunciare il suo nome, non conosce una delle leggende più famose d’Irlanda. Una leggenda con un sottofondo religioso e una favola di buonsenso, ma anche piena di ironia e di quel classico bagliore di mistero che circonda le terre irlandesi.

Jack O’ Lantern, astuto più del diavolo

Jack O’ Lantern era un vecchio fabbro con il vizio del bere. Spilorcio e di cattivo carattere, è da credere che non abbia mai avuto un vero amico (il soggetto non vi ricorda forse Ebenezer Scrooge, il protagonista del Canto di Natale di Charles Dickens?). Tra le altre cose andava spesso al pub per tracannare alcolici e vivere una vita viziosa come si immagina per un simile personaggio.

È stato proprio in uno dei pub, immerso in una delle sue sbronze, che Jack ha avuto un infarto. Sul punto di morte, gli apparve allora il Diavolo, venuto a reclamare la sua anima sporca. Jack aveva molti difetti, ma di certo non si poteva accusarlo di non essere astuto. Chiese infatti al Diavolo l’ultimo desiderio – un’ultima bevuta – ma rivelò di essere completamente al verde e di non potersi pagare il boccale.

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