In breve
Considerando il volume della nostra neocorteccia, il gruppo ideale per noi risulta essere di 148 individui. Oltre questo numero, sono necessarie delle regole rigide per funzionare bene.
L’essere umano si aggrega in gruppi ottimali di circa 150 individui senza quasi rendersene conto.
Approfondimento
Gli antropologi hanno capito da tempo che vivere all’interno dei gruppi ha portato l’essere umano ad aumentare il volume della neocorteccia: in altre parole, vivere assieme agli altri ha permesso al nostro cervello di evolvere. Robin Dunbar, docente di psicologia alla Liverpool University, ha studiato le dimensioni della nostra neocorteccia e ha calcolato che funzioniamo meglio quando viviamo con circa 150 individui.
Prove a sostegno dei gruppi di 148 individui
I ritrovamenti antropologici sembrano dargli conferma, perché si è scoperto che i clan di cacciatori-raccoglitori (ma anche nei gruppi in cui si viveva con un’agricoltura di sussistenza) i membri erano in media 153. Inoltre, i villaggi neolitici del Medio Oriente comprendevano tra i 120 e i 150 abitanti e l’unità militare minima nell’esercito romano era di 130 uomini.
Senza spingerci lontano nel passato, ancora oggi gli hutteriti considera 150 il numero massimo di membri: oltre questo numero, si deve formare una nuova colonia. Ancora, studi nel campo dell’economia hanno dimostrato che un’azienda con al massimo 150 individui funziona bene grazie a rapporti di fiducia personali; se il numero sale, la struttura gerarchica deve diventare più rigida e meno basata sulla fiducia per funzionare a dovere.
L’essere umano si raggruppa inconsciamente
L’essere umano non si rende conto del numero ottimale: quando si aggrega in un gruppo, lo fa perché sa che avrà dei benefici e che questi benefici si rifletteranno sull’intera comunità in cui vive. Il numero risultante è una conseguenza inconscia, perché superando i 150 individui ci si rende conto che le cose cominciano a non funzionare a dovere.
Lo stesso succede anche nelle altre specie animali, con numeri differenti. Gli scimpanzé, per esempio, hanno 55 come numero ottimale di individui: ogni scimpanzé dedica il 20% del giorno a pulire il pelo di un compagno (importante attività sociale) e se fosse formato da 150 individui come negli esseri umani, dovrebbe incrementare questa attività fino al 45% del proprio tempo.
Aggiornamenti
Una ricerca dell’Università di Stoccolma, in Svezia, del 2021 sembra ribaltare la validità del numero di Dunbar. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Biology Letters e fatta rimbalzare da Wired.
I ricercatori hanno usato metodi e statistiche più moderni per analizzare il ruolo della neocorteccia sulla socializzazione umana e hanno stabilito che, sulla base dei dati, sarebbero 42 gli individui massimi che possono rientrare nella cerchia stabile di amicizia (e non 150). Ma gli stessi ricercatori avvisano che si tratta di un numero con un largo margine di errore e che non c’è un modo per arrivare a una vera e propria conclusione precisa. Infatti, è riduttivo calcolare il numero medio di relazioni sociali basandosi solo sul volume del cervello, visto che ci sono troppi fattori ambientali a concorrere.
In definitiva, la ricerca sembra dimostrare che non esista un limite cognitivo per la socializzazione.