Perché i cuccioli di cane o di gatto ci fanno tenerezza?

23 Gennaio 2019 | Mente e corpo umano

In breve

I cagnolini e i gattini condividono delle caratteristiche che hanno anche i neonati umani. È uno strategemma dell’evoluzione: gli adulti trovano “carini” questi tratti e quindi sono spinti a prendersi cura dei piccoli fino a quando non sanno badare a loro stessi.

Approfondimento

Anche se a prima vista non sembra, i gattini e i cagnolini hanno in comune alcune caratteristiche che ricordano quelle dei neonati umani: gli occhi rotondi e spalancati, la testa grande e il naso piccolo e tondo, a “bottone”. Se notate bene, sono le stesse caratteristiche usate nelle industrie di giocattoli per creare gli orsacchiotti o nella filmografia per dare vita ai cartoni animati.

Per spingere gli esseri umani adulti a prendersi cura dei neonati, che sono vulnerabili e bisognosi di attenzione, l’evoluzione ha trovato un ottimo sistema: portare il nostro cervello a vedere queste caratteristiche come “carine”, “tenere“. In questo modo non solo ci prendiamo cura dei piccoli, ma siamo anche molto meno portati a far loro del male. E la stessa cosa avviene con i piccoli delle altre specie, proprio per impedire che venga fatto loro del male prima di poter crescere.

Studi e algoritmi

Nel 1943 l’etologo Konrad Lorenz, esperto di comportamenti animali e umani, aveva descritto il «baby schema» che metteva in evidenza i punti che rendono un cucciolo attraente: testa grande su un corpo piccolo e grassoccio, occhi rotondi, naso piccolo, facce infantili e paffute. In poche parole: essere imperfetti e allo stesso tempo innocenti, ci rende irresistibili e simpatici.

Secondo uno studio, i cuccioli di cane raggiungono il massimo del “carino” all’età di 8 settimane, cioè nel momento in cui le loro madri li lasciano badare a se stessi. In linea generale, noi esseri umani siamo portati a valutare i cuccioli molto più attraenti da vedere rispetto agli esemplari adulti della stessa specie e a provare così una maggiore empatia nei loro confronti.

Fonti principali
«BBC Scienze» n. 68, settembre 2018
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