Il plurale nella lingua italiana ha dei casi complessi che rendono difficile padroneggiarlo, persino per un madrelingua. Spesso non ci si pensa, ma le eccezioni sono numerose, per cui vale la pena di impararle per non cadere in errori imbarazzanti.
Qui sotto trovate le possibili casistiche del plurale, organizzate in sezioni per essere meglio comprensibili.
Parole in -cia o -gia
Come si fa a capire se «provincia» al plurale mantiene o perde la i? Si scrive «province» o «provincie»?
Una regola generale spiega che:
– se la desinenza al singolare è preceduta da una consonante, al plurale diventa -ce o -ge: goccia/gocce, mancia/mance.
– se è preceduta da vocale, diventa -cie o -gie: camicia/camicie, valigia/valigie.
In realtà ci sono delle eccezioni:
– «ciliegia»: è accettato sia «ciliege» che «ciliegie».
– «provincia»: la forma corretta da usare è «province» (come spiega la regola), ma anche «provincie» è accettato visto che è scritto così pure sulla Costituzione; il secondo caso è però antiquato.
Parole in -co
La regola è questa:
– se la parola è piana (cioè ha l’accento sulla penultima sillaba) il plurale è in -chi: eco/echi, gioco/giochi.
– se la parola è sdrucciola (accento sulla terzultima sillaba) il plurale è in -ci: celtico/celtici, farmaco/farmaci.
Purtroppo in questo caso le eccezioni si sprecano. Tanto per elencarne qualcuna: amico/amici, greco/greci, valico/valici.
Parole che finiscono in -logo e -fago
Esiste una regola generale da seguire:
– i nomi che si riferiscono a persone diventano -gi: archeologo/archeologi, psicologo/psicologi.
– i nomi di cose diventano -ghi: dialogo/dialoghi, microfago/microfaghi.
«Esofago» è un’eccezione: pur essendo una cosa, al plurale diventa «esofagi».
Parole straniere
Anche se ci sono (numerose) eccezioni, in linea di massima le parole straniere entrate nell’uso comune dovrebbero restare invariate sia al singolare che al plurale. Qualche esempio:
camion, film, referendum, sport, tir
Parole che restano uguali al plurale
Le parole che incontrano le seguenti regole restano identiche al singolare e al plurale:
– parole tronche (ultima sillaba accentata): età, libertà, …
– nomi monosillabici: blu, gnu, re, …
– nomi accorciati: auto, cinema, foto, … [sono abbreviazioni di automobile, cinematografo, fotografia, …]
– nomi composti da due verbi, o da un verbo e un nome femminile: saliscendi, scioglilingua, …
– aggettivi composti dal prefisso anti- seguito da un nome: antigelo, antiproiettile, …
– certi animali esotici che finiscono in -a: cobra, gorilla, lama, …
– certi sostantivi femminili che finiscono in -ie oppure in -i: carie, numeri, oasi, serie, specie, …
Parole che esistono solo al plurale o solo al singolare
Ci sono alcuni nomi chiamati “difettivi” che restano solo al singolare o solo al plurale:
– oggetti formati da due elementi (un paio di…): manette, occhiali, pantaloni, … [nota: posso essere usati anche al singolare per indicare nello specifico un “singolo paio di…”, es: quell’occhiale è perfetto]
– nomi che includono una pluralità: dintorni, vicinanze, viveri, …
– elementi unici: Equatore, nord, sud, …
– nomi di malattia: morbillo, peste, …
– prodotti alimentari: pane, riso, …
– mesi: gennaio, febbraio, …
– elementi chimici: oro, uranio, … [nota: possono comparire al plurale per indicare il materiale di un oggetto]
Parole con due plurali (di significato diverso)
Alcuni nomi maschili che finiscono in -o hanno due plurali dal significato diverso:
braccio => bracci / braccia
budello => budelli / budella
calcagno => calcagni / calcagna
cervello => cervelli / cervella
corno => corni / corna
cuoio => cuoio / cuoia
dito => diti / dita
filo => fili / fila
fondamento => fondamenti / fondamenta
labbro => labbri / labbra
lenzuolo => lenzuoli / lenzuola
muro => muri / mura
urlo => urli / urla