La regola d’oro: controllare, rileggere e far leggere ad altri
Quando terminate di scrivere un’opera dovreste sempre seguire questi passaggi:
1. Eseguire il controllo grammaticale che è ormai in dotazione in tutti i programmi di editor. L’operazione smaltisce un po’ di errori di base, ma non è sufficiente: se scrivete una parola sbagliata ma presente nel dizionario, il controllo non ve la segnalerà.
2. Rileggervi l’intero libro almeno una volta per sistemare a mano gli errori rimasti.
3. Far leggere il libro a uno o più conoscenti per trovare gli errori che (sicuramente) vi sono sfuggiti.
Scrivo libri e articoli da anni e vi posso assicurare che anche seguendo i tre passaggi, la probabilità che restino comunque degli errori è alta. Per cui è il caso di ridurre il più possibile le scorrettezze: il lettore è disposto a lasciar correre una o due disattenzioni, ma quando ne trova quattro o cinque comincerà a farsi due domande sulla nostra competenza.
Ho stilato un elenco di alcuni tra gli errori grammaticali più comuni e le parole più insidiose della lingua italiana, che provvederò ad aggiornare quando mi verrà in mente qualcosa di nuovo. Non si tratta di un prontuario o di un corso per imparare la grammatica: è una lista per chi ha dei dubbi o vuole delle conferme.
Se avete qualche altro «errore comune» da segnalarmi, lasciate pure un commento: se rientra tra gli elementi da elencare, lo inserirò (con i miei ringraziamenti).
Errori grammaticali più comuni
Ha, ho, hanno
Ha, ho e hanno sono verbi. Se togliamo la acca iniziale, non sono più verbi: diventano congiunzioni nei primi due casi e il sostantivo «anno» nell’ultimo caso.
Esempi:
- ho preso 7 in matematica
- andiamo a casa o al bar?
C’è, ce
La differenza sostanziale è che il primo richiama il verbo essere, mentre ce è un complemento di luogo: significa «noi, a noi» e non ha niente a che vedere con le forme verbali.
Esempi:
- ce l’abbiamo
- c’è una macchina in sosta vietata
Né, ne
Né (con l’accento) rafforza una negazione, mentre ne (senza accento) è una particella che si riferisce a un elemento sottointeso o di cui si è appena parlato.
Esempi:
- non voglio né il pane né i grissini
- grammatica? Ne parli come se fosse un mistero [il ne è riferito a “grammatica”]
Un e l’apostrofo
Un non va apostrofato davanti alle parole maschili, ma solo davanti a quelle femminili. Mentre gli articoli determinativi (tipo il) possono essere apostrofati indifferentemente dal genere del sostantivo.
Esempi:
- un’anatra, un albero
- l’anatra, l’albero
Po’ va con l’apostrofo
Po’ (con l’apostrofo) è il troncamento di «poco». Senza apostrofo ha senso solo come nome proprio del fiume Po.
Esempi:
- dammi un po’ di zucchero
- oggi ho fatto una passeggiata sulla riva del Po
Sì va con l’accento
Il sì dell’assenso (cioè l’opposto del «no») si scrive con l’accento. Senza accento è invece una particella pronominale.
Esempi:
- sì, sono stato io
- si chiama Andrea
Se, sé e se stesso
Il se senza accento è una particella pronominale. Il sé invece è un pronome riflessivo. Da notare che quando si trova davanti a «stesso, stessa, stesse, stessi» il sé può essere scritto senza accento.
Esempi:
- secondo me se l’è presa
- è un uomo pieno di sé
- la colpa è di se stesso [senza accento]
Qual è
Qual è si scrive senza apostrofo.
Esempi:
- qual è stato il tuo ultimo discorso?
Da’, di’, fa’, sta’, va’ || dà, dì || fa, sta, va
Da’, di’, fa’, sta’ e va’ (quindi con l’apostrofo finale) sono tutti verbi imperativi.
Il presente invece si costruisce con dà (con l’accento), fa, sta e va.
Le seguenti invece sono preposizioni e non hanno niente a che fare con i verbi: da, di. Il dì (con l’accento) indica invece il sostantivo «giorno».
Esempi:
- da’ quell’osso al cane [verbo imperativo: è un ordine]
- Ross dà tutto se stesso nell’esame, sta cercando di laurearsi [verbi al presente]
- sono andato da Monica [preposizione]
- l’altro dì sono stato al mare [sostantivo = giorno]
Di apostrofato
Di va apostrofato soltanto davanti a parole con iniziano per «i».
Esempi:
- sei pieno d’iniziativa
- abbiamo un viale colmo di alberi
Niente doppia zeta se finisce in -zione
Le parole che finiscono in -zione non hanno mai la doppia zeta.
Esempi di parole:
- azione
- protezione
- attenzione
Ciò nonostante e le sue varie forme
Ciò nonostante si scrive con l’accento, ma esiste anche la versione attaccata priva di accento: ciononostante.
La versione più corretta sarebbe con la «doppia n», cioè cionnonostante, perché nella lingua modello vuole il raddoppiamento fonosintattico dopo di sé: ma è raramente usata.
[grazie a Remo per la precisazione sulla «doppia n»]
Parole italiane insidiose
Di seguito inserisco in ordine alfabetico un elenco delle parole più difficili, insidiose, che si dovrebbero imparare a memoria più che ragionarci sopra.
In realtà, in diversi casi è sufficiente prestare un po’ di attenzione: le parole che si riferiscono all’ambito scientifico, per esempio, hanno tutte la «i» dopo la «c»…
- Aeroporto
- Beneficenza
- Conoscenza
- Cosciente
- Deficiente
- Efficiente
- Meteorologia
- Scientifico
- Scienza
- Sufficiente
A me me piace l’italiano.