I dazar sono un popolo di guerrieri, suddivisi in clan e governati da capi diversi. Ogni clan vive in uno stato per lo più selvaggio, con un'organizzazione gerarchica basata su leggi che variano a seconda del capo tribù.
Indossano quasi sempre dei vestiti semplici: i maschi portano dei pantaloni usurati e si muovono spesso a petto nudo, anche d'inverno, perché mostrare il corpo temprato è un motivo di orgoglio; le femmine indossano dei corti pezzi di stoffa per coprire il bacino e il petto. Nei periodi in cui il clima è piuttosto rigido, si fa uso di pelli di animali poco lavorate.
Tra le fonti non si sono mai trovate tracce di dazar dotati di un cognome. A loro si fa sempre riferimento con un nome puro, a volte composto, e poiché i nomi si ripetono nelle generazioni è usanza distinguerli nominando il padre e i fratelli maschi.
I dazar abitano nelle terre selvagge di Kerastra, su Gea.
La gerarchia sociale è basata sul dominio della forza e dell'orgoglio. Chi dimostra di essere il più abile nella lotta e in battaglia, ottiene una posizione sociale più elevata. Non è raro il caso di avversari che si sono ritirati dopo una semplice dimostrazione di forza, senza giungere a un duello vero e proprio. Alla morte di un capo clan, anche il successore viene designato dopo aver affrontato alcune prove di forza e di prestanza fisica.
Il capo clan è colui che gode in assoluto di particolari privilegi, come la possibilità di servirsi di una propria vasca d'acqua (di solito, infatti, i componenti di una famiglia o addirittura di un'area di villaggio condividono la stessa vasca).
Non hanno proprietà privata, a eccezione delle case in cui vivono. I villaggi sono semplici, basati sull'allevamento e sulla sussistenza, eretti in modo da poter essere ricostruiti in caso di bisogno.
Il villaggio dei dazar era un insieme di costruzioni di legno, di case separate da sentieri battuti e di stalle dove gli animali domestici venivano rinchiusi quando i padroni erano assenti. Un'alta palizzata in legno circondava l'intero confine, costruita di sicuro per tenere a bada le belve e non i pochi stranieri che arrivavano alle loro porte. Era l'unico tratto di radura nel bosco: all'interno crescevano solo sporadici piante da frutto e alberi gemelli sui quali erano costruite piccole capanne collegate a rozzi ponti di corde.
[...] la fece entrare in una tra le case di legno più ampie. Alle pareti era decorata con piume di varie specie d'uccello e con ossa di animali catturati nel bosco. Era evidentemente la dimora del capo clan, perché a differenza delle altre case aveva una propria vasca d'acqua all'esterno dove lavarsi. Sul tetto piatto crescevano edere rampicanti e le finestre non erano protette da battenti o da vetri. Tra i dazar non esisteva il pericolo di furti e la proprietà privata era un elemento raro.
Descrizione tratta da Il Sinkal
I dazar sono un popolo molto chiuso. Il rispetto che ripongono nei confronti dei membri al loro interno non viene rispecchiato davanti agli stranieri; tendono anzi a insultare e a sminuire chiunque non appartenga al popolo.
Le decisioni sono prese esclusivamente dal capo clan. Di solito il popolo preferisce accettare gli ordini senza discutere, anche quando sono contrarie al suo interesse, perché il capo clan ha la facoltà di scegliere di persona le punizioni da applicare. Comunque, tolti rari casi di personalità particolarmente forti, i capo clan amano affidarsi al consiglio di gente esperta, soprattutto anziani: in quanto popolo guerriero, non sono molti i maschi a sopravvivere oltre i 30 o 40 anni, e quindi gli anziani sono rispettati come uomini di grande esperienza.
Il capo clan è scelto con metodi diversi a seconda delle leggi del clan. In alcune zone si svolgono regolarmente delle competizioni e al vincitore viene offerto il ruolo di guida. In altre zone, il capo clan rimane fino alla morte o fino a quando qualcuno non è abbastanza coraggioso da volerlo affrontare, dopo aver superato le sue fedeli guardie del corpo.
I dazar amano poco i rapporti con i popoli esterni e se decidono di commerciare con loro è perché non possono farne a meno. Quando intrattengono degli scambi commerciali, cercano sempre di guadagnare più della controparte, nella solita ottica secondo cui il più forte deve primeggiare in tutti i campi.
C'è da puntualizzare che le esigenze dei dazar sono di solito diverse da quelle degli altri popoli e che richiedono risorse più che altro da costruzione o alimentari, per cui in gran parte dei casi entrambi i commercianti finiscono per guadagnarci senza dover mercanteggiare. Un discorso diverso lo si deve fare per il commercio tra clan del popolo, le cui esigenze sono molto simili: in questo caso è difficile arrivare a un accordo e si arriva di frequente alla battaglia, con la conseguenza di rompere i rapporti commerciali e di far guadagnare soltanto il clan vincitore.
La società è fortemente patriarcale e la donna non ha il diritto a ruoli di comando o a posizioni di spicco in campo politico. Tuttavia la donna viene rispettata come persona e i torti fisici da lei subiti - come gli stupri o le percosse fisiche - sono severamente puniti, spesso con la tortura e con la morte. Questo però non succede per quanto riguarda le violenze di tipo psicologico, sulle quali in gran parte dei casi si sorvola, per il fatto che punirle significherebbe mettere in luce una società debole dove le donne non vengono mentalmente preparate a sopportare i momenti «più difficili» della vita.
Le donne, al contrario dei maschi, non si occupavano dei lavori di fatica. Si curavano dei figli, trasportavano le brocche d'acqua da una riserva all'altra, raccoglievano i frutti dagli alberi e insegnavano alle bambine l'arte del rammendo.
Descrizione tratta da Il Sinkal
La scarsa considerazione nei confronti della donna si dimostra anche durante le battaglie, dove i guerrieri sono liberi di sottomettere le donne del nemico senza dover chiedere il permesso, quando invece i maschi avversari possono soltanto essere uccisi o catturati in attesa di un giudizio da parte del capo clan.
Il popolo crede in molte divinità ed è convinto che la vita di ognuno sia governata dai capricci degli dei. Si organizzano di frequente dei riti per essere protetti in battaglia, per ottenere la fertilità o semplicemente per aumentare la propria fortuna.
Nonostante la paura di ricevere delle ritorsioni da parte di un dio scontento, capita spesso che l'orgoglio di un dazar lo porti a insultare in modo deliberato una divinità, per esempio rifiutando di porgli omaggio. Quando qualcuno si comporta in questo modo viene all'inizio considerato coraggioso (o poco intelligente, a seconda di come sia conosciuta la persona che ha osato rivolgere l'insulto); ma non appena finisce vittima di una disgrazia, viene subito additato come un "maledetto dagli dei" e finisce in gran parte dei casi per essere emarginato.
Per un dazar la morte è un passaggio obbligato e inevitabile, e non ha importanza quando venga a coglierlo. Sebbene ogni guerriero cerchi una morte sul campo di battaglia per essere ricordato, in realtà non ha nemmeno importanza come la fine debba arrivare: l'unica "regola" è che non si tratti di una morte da codardo, per esempio quella di un suicida per paura.
Il loro atteggiamento spavaldo e brutale sul campo di battaglia ha fatto nascere la leggenda che i dazar cerchino a tutti i costi una morte onorevole con la spada in mano, così da potersi vantare davanti agli dei e da ottenere l'ingresso nel paradiso. Anche in questo caso si tratta di una leggenda gonfiata: molti guerrieri non credono nemmeno nella presenza di un al di là e la loro foga in battaglia è soltanto un pretesto per mettersi in mostra davanti alla propria gente, così da poter essere visto con un occhio di riguardo in caso debba scalare la gerarchia.
I dazar trascorrono gran parte delle giornate nell'allenamento, nell'uso delle armi e nell'incremento della forza fisica. Questo avviene sia nei periodi di guerra che in quelli di pace, perché è la dura gerarchia sociale a richiedere un corpo forte e temprato.
Per questi motivi, durante gli anni di pace, si vendono spesso come mercenari al miglior offerente così da mettersi in mostra e da provare alla propria gente di essere il più capace e di aspirare quindi a un ruolo elevato.
In guerra fanno uso di armi di scarsa qualità costruite dai loro fabbri e non sono granché abili nell'elaborare strategie. Queste mancanze, però, sono compensate dalla forza fisica e da un coraggio indomabile.
È famoso anche il loro uso di droghe allucinogene, e di animali feroci lasciati affamati e liberati il giorno della battaglia contro il nemico. Contro un esercito ben organizzato, comunque, è molto difficile che un clan riesca ad avere la meglio vista la mancanza di un sistema tattico.
Dedicarsi completamente alla guerra significa mettere da parte i campi intellettuali. La scienza non fa eccezione.
A differenza di altri popoli dove la donna è sottomessa, tra i dazar è più facile che sia il sesso femminile a dedicarsi allo studio che non il sesso maschile. Lo studio infatti non è mal visto, soltanto non è considerato una priorità.
Il popolo diffida della tecnologia, perché la vede come una perdita di tempo o come una complicazione inutile per il progresso della civiltà. La difficoltà ad accettare la collaborazione dei popoli esterni li ha portati a un ambiente chiuso, senza scambi di informazioni, per cui il livello di progresso dei clan è rimasto lo stesso per secoli.
Trovarsi di fronte a un esercito che fa uso di tecnologie (per loro) avanzate, li porta a innervosirsi e a concentrare gli attacchi al fine di distruggerle, anziché di portare a termine la battaglia. La strategia di usare delle armi tecnologiche per "stanare" un clan si è rivelata spesso efficace, ma gli esiti non sempre sono stati quelli sperati: quando i dazar decidono di unirsi contro uno specifico obiettivo, infatti, diventano temibili e imprevedibili, difficili da contenere, anche perché il sacrificio della prima linea apre un pericoloso varco alle retrovie.
Le conoscenze mediche si tramandano per via orale e si sono evolute poco nel corso dei secoli. Tuttavia, trattandosi di un popolo sempre dedito alla battaglia e quindi dovendo occuparsi spesso dei feriti, le antiche conoscenze sono già abbastanza importanti da mettere a disposizione del clan un grande sapere medico.
Ogni guerriero impara nel tempo a curare le proprie ferite e quelle dei compagni. Erbe, lozioni e interventi chirurgici sul posto sono all'ordine del giorno. Come si può immaginare, comunque, la scarsità d'igiene porta di frequente le ferite a infettarsi in un secondo momento e favorisce il diffondersi delle malattie.
Le dazare sono rinomate per essere delle artiste proverbiali. Il grande tempo a disposizione durante l'assenza dei maschi le porta a dedicarsi a numerosi campi artistici con interesse: arte, scultura e intaglio sono tra le aree preferite. In alcuni periodi storici anche il ricamo e il drappeggio hanno avuto un ruolo di primo piano, al punto da aver permesso al popolo di iniziare un ricco commercio con le altre civiltà vicine.
I maschi sono più dediti a una forma d'arte battagliera, con complicati disegni astratti creati per fare impressione. Amano dipingersi il corpo senza un particolare tratto distintivo e a volte dipingono allo stesso modo anche i muri delle proprie abitazioni.
Come avviene per la tecnologia, anche la magia è una fonte di forte diffidenza per il popolo. Sono consapevoli che la magia è ovunque, a partire dagli dei per arrivare alle mani dei maghi studiosi, ma il fatto di non conoscerla li rende vulnerabili.
Nella storia ci sono state delle battaglie decise dall'arrivo di pochi stregoni: dopo aver assistito al potere di cui erano capaci, i dazar hanno preferito ritirarsi invece di affrontare il nemico, un atteggiamento insolito per il loro stile di vita ostinato e orgoglioso. Quindi mentre la tecnologia viene vista con diffidenza e attaccata proprio per questo motivo, la magia è adocchiata con un occhio di mistero e di timore reverenziale.
Durante la Guerra dei Popoli, il clan si batté sotto il comando di Wolgard, figlio di Innagar.
La datazione rientra nell'arco di tempo descritto in queste pagine: