La commemorazione del Giorno Rosso nasce per ricordare il 7 dicembre 5:16066 (38494 d.C.), giorno in cui i ribelli dell'impero di Kerastra hanno assaltato un campo di esecuzione nel tentativo di liberare 190 prigionieri sul punto di essere giustiziati. L'evento si conclude con la liberazione di gran parte dei prigionieri e il fallimento del tentativo di assassinare l'imperatore.
I 190 prigionieri erano stati catturati dall'impero durante le fasi di conquista. Facevano parte della schiera che avevano rifiutato la resa e avevano continuato a contrastrare l'impero anche dopo la caduta delle loro terre.
L'imperatore Wintar Ferlagor organizza un incontro con i nobili più influenti, cercando di assicurarsi la loro fedeltà e il loro appoggio nella guerra, e in particolar modo l'accesso alle loro finanze che sono indispensabili per forgiare le armi e le armature dei soldati. Come evento che conclude la riunione, è prevista l'esecuzione pubblica dei prigionieri.
I ribelli avevano preparato l'assalto con dovizia di particolari, senza trascurare ogni possibile alternativa. Dal punto di vista strategico hanno potuto avvalersi dell'esperienza di tre vashaar, mercenari capaci e conosciuti per la loro caparbietà nel perseguire un obiettivo. Per assoldarli, i ribelli hanno dovuto indebitarsi pesantemente e aumentare le incursioni a danno dell'impero.
Alla fine si stabilisce che soltanto 10 uomini avrebbero partecipato, perché in caso contrario sarebbe stato impossibile nascondersi tra la folla. Tra questi si trova Vahlar Paridan III, futuro esponente attivista per la rivoluzione contro l'impero.
L'incursione ha anche un secondo scopo, ovvero l'assassinio dell'imperatore approfittando del disordine in atto.
L'assalto avviene subito prima dell'inizio delle esecuzioni. I ribelli nascosti tra la folla riescono ad aprire i cancelli e a permettere l'ingresso dei vashaar, che subito portano scompiglio tra i soldati, mietendo numerose vittime.
I prigionieri vengono liberati e si uniscono alla ribellione, dando un'ulteriore forza di attacco al gruppo. In breve, una cinquantina di soldati giacciono a terra, mentre soltanto 28 dei 190 condannati a morte vengono uccisi. I ribelli e i prigionieri liberati si danno alla fuga, facendo perdere ben presto le loro tracce.
Una volta liberati i prigionieri, il campo di esecuzione cade nel caos e i tre vashaar lo abbandonano per penetrare nel castello. Trovano pochi soldati ad affrontarli, dei quali si liberano facilmente, e infine raggiungono la stanza dove l'imperatore si era rinchiuso.
A questo punto l'intervento della figlia dell'imperatore, Gwen Ferlagor, ribalta le sorti della battaglia. La ragazza è una sinkal e ha trascorso la vita intera ad allenarsi per proteggere il padre. La sua capacità di duellare è di molto superiore a quella dei vashaar e può avvalersi di poteri innati piuttosto insidiosi. Nonostante la loro preparazione, i mercenari si trovano immediatamente in una posizione di svantaggio.
La ragazza riesce a trattenere gli aggressori il tempo sufficiente per permettere alle guardie di raggiungerli. Due dei vashaar sono costretti a ritirarsi, ma il terzo compagno viene atterrato da Gwen e catturato dai soldati.
Il vashaar catturato viene sottoposto per tre giorni a torture, probabilmente allo scopo di rivelare l'identità dei suoi compagni e dei ribelli e l'esatta locazione dei tesori custoditi dall'organizzazione dei vashaar. La struttura gerarchica dell'organizzazione, comunque, è tale da impedire a qualunque dei suoi membri di conoscere l'esatta posizione della cassa comune: anche volendo, il prigioniero non potrebbe rispondere alla domanda.
L'imperatore non ottiene risposta e ordina quindi l'uccisione del prigioniero e l'esposizione del corpo sulla pubblica piazza, nel dicembre 10.
L'avvenimento viene ricordato da entrambe le parti in causa, perché rappresentano sia una vittoria che una sconfitta.
Per i ribelli si tratta del primo, vero successo nel far sentire la propria voce e nel mettere in cattiva luce la sicurezza dell'impero. Dopo l'evento, infatti, l'imperatore ha intensificato enormemente la sua difesa, arrivando a impedire l'avvicinamento di chiunque non gli sia strettamente unito, persino durante gli incontri diplomatici.
Per l'impero, invece, rappresenta una prova di forza. I vashaar sono guerrieri di fama mondiale, conosciuti per il loro fervore e la loro capacità in battaglia, e la loro sconfitta totale è un avvertimento molto chiaro per chi sta approntando piani di assassinio e di sovversione. Dopo il Giorno Rosso, gli attentati all'imperatore sono diminuiti sensibilmente.